Era accusato, insieme con il colonnello Obinu, di non aver compiuto un blitz per catturare Bernardo Provenzano (arrestato 11 anni dopo). "Mi hanno restituito l'onorabilità"
La Corte d'appello di Palermo, presieduta da Salvatore Di Vitale, ha confermato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado nei confronti dell'ex generale dei Carabinieri, Mario Mori, e del colonnello Mauro Obinu, imputati di favoreggiamento nei confronti del boss Bernardo Provenzano. "Mi hanno restituito l'onorabilità di uomo e di ufficiale", ha commentato l'ufficiale.
Mori: "Un ulteriore passo avanti" - "Questa nuova assoluzione - ha spiegato - è un altro passo avanti per dimostrare la mia innocenza rispetto alle accuse che mi vengono rivolte e soprattutto mi restituisce l'onorabilità come uomo e ufficiale dei carabinieri a cui tengo moltissimo. Sono estremamente soddisfatto".
La procura generale, rappresentata in giudizio dal procuratore Roberto Scarpinato e dal sostituto Luigi Patronaggio, aveva chiesto la condanna dei due ufficiali dell'Arma rispettivamente a quattro anni e mezzo e tre anni e mezzo di reclusione.
Secondo l'accusa, nell'ottobre del 1995, pur essendo a una passo dalla cattura del padrino di Corleone, grazie alle rivelazioni del confidente Luigi Ilardo, non fecero scattare il blitz che avrebbe potuto portare all'arresto del capo mafia garantendogli un'impunità che sarebbe durata fino al 2006. La Corte d'Appello ha confermato in pieno l'assoluzione con la formula "perché non costituisce reato".
Il legale: "Speriamo fine accanimento giudiziario" - "Speriamo che questa sentenza segni la fine di un accanimento giudiziario nei confronti del generale Mori che va avanti da anni". Così l'avvocato Basilio Milio ha commentato l'assoluzione. "Abbiamo cominciato con la mancata perquisizione del covo di Riina - ha aggiunto - anche quella conclusasi con un'assoluzione, poi c'è stato questo processo e dopo ancora quello sulla trattativa che è ancora in corso. Speriamo sia finita qui". "Quando parlo di accanimento - ha concluso - non mi riferisco a tutta la procura, non sono tutti uguali".
Il capitano Ultimo rischia nuovo processo - La Corte d'Appello di Palermo ha trasmesso alla procura gli atti del processo relativi alle deposizioni in aula di sei carabinieri tra cui Sergio De Caprio, conosciuto come Ultimo, l'uomo che arrestò Toto Riina, perché si valuti se abbiano commesso falsa testimonianza. I militari avevano deposto in appello su una vicenda accaduta nel '93 a Terme Vigliatore, dove i carabinieri del Ros, sostenendo di aver scambiato un cittadino per un latitante, si lanciarono in un inseguimento e in una sparatoria. Secondo l'accusa sarebbe stata una manovra per avvertire il boss ricercato Nitto Santapaola della presenza di investigatori vicino al suo nascondiglio, mentre il Ros ha sempre sostenuto la tesi dell'errore che, evidentemente, non ha convinto la corte.