Fotogallery - Messina Denaro, arrestata la sorella Rosalia
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Il messaggio, scritto dall'ex capo di Cosa Nostra il 15 dicembre 2013 e rivolto ai familiari, è stato ritrovato a casa della sorella Rosalia, arrestata dai carabinieri del Ros
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Tra i messaggi ritrovati a casa della sorella di Matteo Messina Denaro, Rosalia, arrestata dai carabinieri del Ros con l'accusa di associazione mafiosa, ce n'è uno risalente al 15 dicembre del 2013, in cui il Capomafia, rivolgendosi ai familiari, scriveva: "Essere incriminati di mafiosità, arrivati a questo punto lo ritengo un onore. Siamo stati perseguitati come fossimo canaglie. Trattati come se non fossimo della razza umana. Siamo diventati un'etnia da cancellare. Eppure, siamo figli di questa terra di Sicilia, stanchi di essere sopraffatti da uno Stato prima piemontese e poi romano che non riconosciamo. Siamo siciliani e tali volevamo restare".
"Hanno costruito una grande bugia per il popolo. Noi il male, loro il bene. Hanno affossato la nostra terra con questa bugia - proseguiva il testo scritto dall'ex capo di Cosa Nostra -. Ogni volta che c'è un nuovo arresto si allarga l'albo degli uomini e delle donne che soffrono per questa terra. Si entra a far parte di una comunità che dimostra di non lasciare passare l'insulto, l'infamia, l'oppressione, la violenza. Questo siamo e un giorno sono convinto che tutto ci sarà riconosciuto e la storia ci restituirà quel che ci ha tolto la vita".
Il pizzino, custodito da Rosalia nella casa di campagna a Campobello, secondo quanto scritto dal gip di Palermo, che ha disposto l'arresto della donna, era "idealmente indirizzato alla sorella Patrizia e al nipote Francesco (figlio di Rosalia, ndr)".
Per comunicare durante la latitanza, Matteo Messina Denaro usava il vecchio metodo dei pizzini. Nel corso degli anni della latitanza sono stati trovati alcuni pizzini ma nel covo dopo l'arresto i carabinieri ne hanno recuperati a decine. Messaggi arrotolati, sigillati con il nastro adesivo, spesso avvolti in piccoli pacchetti, e indirizzati a destinatari indicati con nomi in codice di "Fragolone (soprannome della sorella Rosalia, arrestata dai carabinieri per associazione mafiosa), Fragolina, Condor, Ciliegia, Reparto, Parmigiano, Malato, Complicato, Mela". Qui trovi tutti i nomi in codice usati dal boss.
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Matteo Messina Denaro è un boss mafioso italiano che ha preso il posto di capo della Cosa Nostra, la famigerata organizzazione criminale siciliana, dopo l'arresto di Bernardo Provenzano nel 2006. Nato il 26 aprile 1962, Messina Denaro è cresciuto nell'ambiente della mafia e ha fatto carriera diventando uno dei criminali più ricercati d'Italia. Conosciuto anche come "Diabolik", a causa della sua abilità nel rimanere invisibile alla giustizia, Messina Denaro è stato implicato in una serie di reati che vanno dall'omicidio alla corruzione, al traffico di droga e armi. Il suo territorio d'influenza si estende principalmente sulla provincia di Trapani, dove la mafia ha un forte controllo sull'economia locale. La fuga di Messina Denaro è stata uno dei più grandi misteri dell'Italia degli ultimi anni, con la polizia che ha fallito ripetutamente nel catturarlo.
Matteo Messina Denaro, noto anche con i soprannomi U Siccu e Diabolik è nato a Castelvetrano (Trapani) il 26 aprile 1962 ed è un mafioso italiano, legato a Cosa nostra. Secondo gli inquirenti, tra il 1994 e il 1996 quello che diventerà il del Capomafia trascorse la sua latitanza tra Aspra e Bagheria, ospitato dalla sua compagna Maria Mesi, con cui andò in vacanza in Grecia sotto il falso nome di "Matteo Cracolici". Nel corso degli anni si è ipotizzata anche una sua latitanza all'estero ma alla fine sembra plausibile che sia sempre rimasto nel Trapanese. Dopo anni di latitanza l'arresto a Palermo. I suoi ultimi covi sono stati localizzati a Campobello di Mazara, paese di 11mila abitanti e dove il boss viveva usando l'identità del geometra Andrea Bonafede.
Attualmente Matteo Messina Denaro è nel carcere di super sicurezza de L'Aquila. E' detenuto in una cella singola col regime di 41 bis. Davanti alla cella del Capomafia è stato allestito un piccolo ambulatorio dove il boss, malato di tumore al colon, viene sottoposto alle cure periodiche tramite chemioterapia. La casa circondariale de L'Aquila, nota anche come carcere dell'Aquila o carcere delle Costarelle, è un istituto penitenziario in località Costarelle, adibito principalmente al regime carcerario previsto dall'articolo 41 bis. La struttura fu terminata nel 1986 ed entrò in funzione nel 1993, con la dismissione del vecchio carcere cittadino, sito nel centro storico della città nell'antico convento adiacente alla chiesa di San Domenico. Con l'aumento a livello nazionale dei detenuti sottoposti al regime carcerario dettato dall'articolo 41 bis introdotto dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663 (legge Gozzini) avvenuto all'inizio degli anni 90, dal 1996 la struttura è principalmente adibita a questo tipo di custodia carceraria; ospita inoltre l'unico reparto femminile sottoposto a tale regime. Nel carcere, oltre a Messina Denaro, altri boss della mafia sono stati detenuti. Tra gli altri Leoluca Bagarella e Totò Riina.
Quello di Rosalia, sorella di Matteo Messina Denaro, è solo uno dei tanti arresti eccellenti arrivati dopo la cattura del boss. Prima di lei in manette era finito il medico personale di Messina Denaro, quello che durante la latitanza ha firmato centinaia di ricette per farmaci e visite mediche. E ovviamente anche Andrea Bonafede, il presta identità nonché proprietario dell'appartamento di Castelvetrano usato dal boss, è stato arrestato (e anche in cella Bonafede ha continuato a non collaborare).
Con la cattura di Messina Denaro viene a mancare il boss dei boss e la sua successione è argomento di analisi da parte degli inquirenti. Non è chiaro chi potrebbe prendere il suo posto. Sono però due in nomi che le procure siciliane tengono d'occhio. Il primo è quello di Giovanni Motisi, il capomafia del mandamento di Pagliarelli. Anche lui è latitante dal 1998. Il "Pacchione", grassone dal siciliano, per anni è stato il killer di fiducia di Riina. E' ricercato proprio per diversi omicidi compiuti agli inizi degli anni 2000. C'è poi Stefano Fidanzati, 70enne, che fa parte della "vecchia" mafia. La sua famiglia, i Fidanzati dell'Arenella, hanno costruito un impero criminale tra Palermo e Milano con il narcotraffico.
La famiglia di Messina Denaro è la mafia in Sicilia e più nel dettaglio nel Trapanese. All'inizio di tutto ci fu don Ciccio. E' lui il capofamiglia, il boss indiscusso che morì in latitanza. Storico fu il ritrovamento del suo corpo, avvenuto il 30 novembre del 1998, dopo una chiamata anonima alla polizia. Il cadavere del padre di Matteo Messina Denaro è stato fatto trovare vestito e pronto per la sepoltura. Don Ciccio ha avuto quattro figlie femmine e due maschi. Matteo da sempre è stato l'erede del mandamento. Ma anche il fratello Salvatore è un mafioso, in carcere dal 2010. Nemmeno le femmine sono rimaste fuori dall'ambito familiare. Patrizia è stata condannata in via definitiva a 16 anni per associazione mafiosa (condannato pure il marito di lei Vincenzo Panicola). L'altra sorella di Matteo, Giovanna, è rimasta vedova quando il marito Rosario Allegra è morto in carcere mentre scontava una condanna per mafia. Anche l'altro cognato di Matteo, Gaspare Como, marito di Bice, è detenuto al 41 bis. E arriviamo a Rosalia, detta Rosetta, che è finita in cella nelle ultime ore.