Appendere una foto va considerato un atto di manifestazione del pensiero discutibile ma tutelato da un principio costituzionale
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I giudici del tribunale del Riesame di Ragusa hanno stabilito che l'esposizione della foto del Duce in un locale pubblico non è apologia del fascismo. L'immagine di Mussolini, sequestrata dai carabinieri dopo la segnalazione di una ragazza, è stata restituita al titolare dell'esercizio commerciale di Modica che aveva fatto nascere il caso.
L'immagine di Benito Mussolini che esibisce la mascella volitiva potrà dunque tornare al suo posto assieme alla citazione che l'accompagnava. Ma il proprietario del locale apprezzato per le granite e i gelati artigianali, Giuseppe Spadaro, non sa ancora cosa fare. Come aveva già dichiarato ai giudici, sostiene anche adesso che non aveva intenzione di fare propaganda politica. "Non ho tempo - dice - per pensare a queste cose. Non parteggio per nessuno. E di Mussolini so solo quello che mio nonno mi raccontava quando ero bambino".
La foto aveva suscitato le proteste di una cliente che prima ne aveva chiesto la rimozione e poi si era rivolta ai carabinieri. Con il sequestro dell'immagine era partita anche un'indagine che ora il tribunale del Riesame ha ridimensionato.
Per i giudici, l'esposizione della foto va considerata un atto di manifestazione del pensiero discutibile ma tutelato da un principio costituzionale. Non basta per ipotizzare la ricostituzione del partito fascista. E non si può ravvisare nemmeno "l'astratta considerabilità del reato di apologia del fascismo". Non basta a supportare questa tesi la frase che accompagnava la foto: "Non ho paura del nemico che mi attacca ma del falso amico che mi abbraccia".
Ma se non c'era una motivazione politica perché Spadaro l'ha scelta e l'ha esposta in pubblico? "Semplicemente - risponde il titolare del bar Fucsia - perché mi era piaciuta. Riflette un mio punto di vista. Mi sembra una frase come tante".