L'OMICIDIO DEL 2014

Omicidio Loris, la Cassazione conferma la condanna a 30 anni per la madre

Il delitto avvenne il 29 novembre 2014 nell'abitazione di famiglia a Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa

22 Nov 2019 - 13:07

E' stata confermata dalla Cassazione la condanna a 30 anni di reclusione nei confronti di Veronica Panarello, la giovane mamma accusata di aver ucciso il figlioletto di 8 anni, Loris Stival, occultandone poi il cadavere. Il delitto avvenne il 29 novembre 2014 nell'abitazione di famiglia a Santa Croce Camerina (Ragusa).

Il padre di Loris: "Finalmente è finita"Finalmente è finita...". Così Andrea Stival, padre di Loris, ha commentato al telefono con il suo legale, l'avvocato Daniele Scrofani, la notizia della sentenza della Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Veronica Panarello contro la sua condanna a 30 anni di reclusione. "La Giustizia oggi - ha commentato il penalista - mette un punto definitivo su questa tragica e drammatica vicenda: è stata la madre a uccidere Loris. Adesso bisogna pensare al futuro".

 

La morte di Loris Loris Stival fu strangolato con delle fascette di plastica il 29 novembre del 2014 nella casa di famiglia a Santa Croce Camerina, nel Ragusano. Il corpo fu poi ritrovato in un canalone. La madre disse di averlo portato a scuola, ma fu smentita dai video delle telecamere di sorveglianza e cambiò poi più volte versione.

A breve la Panarello a processo per calunnie e minacce Il 26 novembre la Panarello dovrà comparire in aula, al Tribunale di Ragusa, al processo che la vede accusata di calunnia nei confronti dell'ex suocero, Andrea Stival. L'ultima versione dei fatti data dalla madre di Loris chiamava infatti in causa il nonno del piccolo che, avrebbe ucciso il nipote perché voleva rivelare al padre di una presunta relazione tra l'uomo e la stessa Panarello.

Il 24 gennaio, davanti al Tribunale monocratico di Catania, comincerà invece il processo per le minacce di morte che la donna ha rivolto al suocero a conclusione della lettura della sentenza della Corte d'assise d'appello di Catania: "Sei contento? Sai cosa ti dico - gli urlò contro -: prega Dio che ti trovo morto perché altrimenti ti ammazzo con le mie mani quando esco...".

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