Cinque persone, accusate di associazione a delinquere, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, usura, estorsione e autoriciclaggio, per anni hanno prestato denaro a tassi che arrivavano al 140%
A Palermo è stata sgominata una banda di usurai a capo della quale c'era Salvatore Cillari, fratello di un boss ergastolano. Oltre a Cillari, finito in carcere, sono state colpite da misure cautelari altre quattro persone. La banda per anni ha prestato denaro a tassi che arrivavano al 140% a decine di vittime: imprenditori, professionisti, antiquari e nomi eccellenti dello spettacolo come il conduttore Marco Baldini.
Il capo, Salvatore Cillari, gestiva la banda di usurai che per anni ha prestato denaro a tassi che arrivavano al 140% a decine di vittime: imprenditori, professionisti, antiquari e nomi eccellenti dello spettacolo come il conduttore Marco Baldini. Cillari è finito in carcere, ai domiciliari il figlio Gabriele, che riciclava i soldi sporchi intascati con l'usura investendo in un locale alla moda nel quartiere Capo, a pochi metri dal palazzo di giustizia di Palermo. Il ristorante, "L'Acerba", è stato sequestrato.
Dell'organizzazione facevano parte anche Matteo Reina e Giovanni Cannatella, anche loro finiti ai domiciliari, e Achille Cuccia che ha avuto il divieto di dimora a Palermo. La banda operava tra Palermo e Roma. Cillari era di casa nella Capitale come risulta dalle intercettazioni delle drammatiche conversazioni con il conduttore radio Baldini che, tra il 2017 e il 2018, era finito nella rete degli strozzini.
"Com'è finita Marco co 'sti soldi? Manco una lira", gli diceva Cillari, non sapendo di essere intercettato. "Domani ci vediamo, stai tranquillo", rispondeva Baldini. Ma il debito non veniva saldato e l'usuraio continuava a incalzare la vittima. "Venerdì vengo a Roma e ci resto fino a venerdì prossimo", aggiungeva Cillari con tono minaccioso. Secondo quanto accertato, l'organizzazione criminale, a partire dal 2016, avrebbe erogato prestiti con l'applicazione di tassi di interesse di tipo usurario nei confronti di decine di persone per un ammontare complessivo di circa 150mila euro.
Oltre alle cinque misure cautelari, la Guardia di Finanza di Palermo ha sequestrato beni per 500mila euro. Le accuse sono di associazione a delinquere, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, usura, estorsione e autoriciclaggio.
E' stato scoperto, inoltre, un un sistema basato sul rilascio di assegni postdatati utilizzati a garanzia dei prestiti erogati e su dazioni in contanti, prive di qualunque tipo di tracciabilità, con l'obiettivo di "schermare" i passaggi di denaro. Per riavere i soldi gli indagati hanno esercitato anche minacce nei confronti delle vittime.