9 MAGGIO 1978

Quarant'anni fa il delitto Impastato: così moriva l'uomo che sfidò la mafia con l'ironia

Il giornalista fu assassinato da Cosa Nostra dopo aver irriso i boss del suo paese, Cinisi, dalla sua Radio Aut. Ma l'operazione doveva sembrare un attentato terroristico fallito sui binari della ferrovia

10 Mag 2018 - 10:48
 © ipa

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Quarant'anni fa la mafia gli fece pagare il conto di un giornalismo fatto di denunce senza paura. Nella notte tra l'8 e il 9 maggio 1978 Peppino Impastato venne ucciso dagli uomini di Cosa Nostra sui binari della ferrovia di Cinisi (Palermo). Il delitto fu architettato in modo tale da farlo sembrare un fallito attentato terroristico da parte dello stesso Impastato, dilaniato da una carica di tritolo da lui stesso sistemata sulla strada ferrata.

Ma l'inchiesta del giudice Rocco Chinnici ribaltò la tesi dell'attentato fallito e il processo si concluse con la condanna all'ergastolo di don Tano Badalamenti, il boss di Cinisi bersaglio degli attacchi e degli sberleffi di Impastato dalla sua Radio Aut.

"Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda - diceva Impastato 40 anni fa -. Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente". Il suo delitto, all'epoca, passò quasi sotto silenzio: Impastato infatti fu ucciso proprio lo stesso giorno in cui fu ritrovato il corpo di Aldo Moro, assassinato dai brigatisti dopo 55 giorni di prigionia.

Il fratello: "L'ora del passaggio di testimone" - Oggi a "Casa Memoria", l'abitazione che Peppino condivise con la mamma Felicia e il fratello Giovanni a Cinisi, a soli cento passi di distanza dall'abitazione del boss Badalamenti, è diventata un luogo di pellegrinaggio e di riflessione, in cui 50mila persone all'anno vengono a visitare il tempio di un martire della criminalità organizzata. "Se dopo 40 anni tanta parte della società e la migliore gioventù si riconoscono nei principi che hanno guidato la nostra rivolta delle coscienze, vuol dire che è stato raggiunto l'obiettivo più importante. E' una vittoria ancora più grande della condanna di chi ordinò il delitto".

Secondo Giovanni, è dunque l'ora del "passaggio di testimone" ai giovani, a quelli che vengono a visitare i luoghi di Peppino. Adesso tocca a loro, dice suo fratello, "far sentire la sua voce e la voce di chi si impegna per la giustizia e la libertà".

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