La responsabile del programma di Rete 4 racconta a Tgcom24 lo sviluppo della vicenda che ha portato all'arresto dell'ex compagno di liceo
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"Ci tengo a precisare che noi non vogliamo sostituirci agli inquirenti, né tanto meno essere d'intralcio". Lo ripete più volte Siria Magri, vicedirettrice di Videonews e responsabile del programma di Rete 4 Quarto Grado. Per la squadra che lavora insieme ai conduttori Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero è un momento di grande soddisfazione.
Proprio una puntata della trasmissione ha fatto riaprire il caso di Lidia Macchi, la 21enne di Varese trovata uccisa con 29 coltellate il 5 gennaio 1987 in un bosco di Cittiglio.
Il ruolo avuto dalla trasmissione è confermato anche dall'ordinanza di custodia cautelare per Stefano Binda 47 anni, ex compagno di scuola di Lidia. Il suo nome non era mai comparso nelle carte dell'inchiesta; ora invece, dopo che gli inquirenti sono stati messi su una nuova direzione da una telespettatrice, è accusato di aver prima stuprato, poi assassinato la giovane studentessa. Attenzione, però, a sbattere il mostro in prima pagina. "Noi siamo garantisti - dice la Magri - e aspettiamo l'esito delle indagini".
"Le cose sono andate così - racconta -: tre anni fa la nostra inviata è andata in carcere a intervistare Giuseppe Piccolomo. All'epoca era lui il principale sospettato, già condannato per il delitto delle "mani mozzate", quello di Carla Molinari. Si è rivelata una falsa pista, ma almeno è servita a riaccendere i riflettori sul caso Macchi". Una pista individuata dopo una serie di errori procedurali clamorosi: "Per dire, i reperti non ci sono più. Si sono letteralmente persi nei passaggi del fascicolo dell'inchiesta tra Varese e Milano".
Per ricostruire la vicenda, vengono invitati a Quarto Grado il fratello di Lidia e l'avvocato dei Macchi, Daniele Pizzi, e mandate in onda due lettere anonime ricevute dalla famiglia subito dopo l'omicidio. Una contiene una poesia d'amore con parole inquietanti: " In una notte di gelo la morte urla, grida d'orrore e un corpo offeso, velo di tempio strappato, giace... Consummatum est...". Una donna riconosce la scrittura della lettera: è la stessa di alcune cartoline ricevuto trent'anni prima da un amico di allora."Noi in tv l'avevamo detto più volte: 'Chi sa, parli', ed è servito".
"La nostra telespettatrice - spiega ancora Siria Magri - ha trovato la forza di andare dagli inquirenti, che hanno ordinato una perizia grafologica. Risultato: le due grafie corrispondevano al 100%. Una volta interrogato, Stefano Binda ha negato tutto. Eppure la lettera conteneva dettagli che potevano essere noti solo all'assassino. Da lì sono partiti gli accertamenti".
Due anni dopo, per Binda scatta l'arresto. Lui e la donna che ha riconosciuto la scrittura, dicono le carte, gravitavano intorno allo stesso gruppo di Comunione e Liberazione, così come Lidia, che la telespettatrice, infatti, conosceva personalmente, per quanto non fossero amiche strette.
Non è la prima volta, peraltro, che la trasmissione di Rete 4 contribuisce alla riapertura di vecchi cold case: "È successo anche nel caso di Valentina Salamone - ricorda la curatrice del programma -. Una morte che era stata trattata come suicidio, e invece ora siamo a processo per omicidio".
Ora però l'attenzione è tutta sugli sviluppi dell'inchiesta su Lidia Macchi: "Spero davvero che si riesca a fare giustizia, soprattutto per la famiglia. Loro sì che stanno scontando un ergastolo".