Da Parigi l'esperto spiega che il nostro Paese si sta "allargando" di un millimetro ogni anno perché gli Appennini si "aprono"
di Giuliana GrimaldiClaudio Satriano, ricercatore all'Institut de Physique du Globe di Parigi, spiega a Tgcom24 come il terremoto di Amatrice completi la sequenza dei terremoti che hanno interessato il Centro Italia negli ultimi anni, tutti avvenuti lungo la stessa linea degli Appennini.
Si può parlare di correlazione del terremoto del 24 agosto 2016 con i terremoti di Assisi del 1997 e de L'Aquila del 2009? La causa è la stessa?
Parliamo della stessa zona sismo-genetica che si estende per mille chilometri da Nord a Sud, caratterizzata da una distensione: c'è una zona che si sta allargando, circa un millimetro per anno. Questo fenomeno provoca la fratturazione degli Appennini in tante faglie. Si parla di una rete di faglie, ognuna di 20/50 chilometri, che con il tempo si possono attivare. Nel 1997, nel terremoto che colpì Assisi, ci fu l'attivazione della faglia di Colfiorito, con una scossa principale e tanti sismi correlati. Nel 2009 a L'Aquila si ripetè una modalità simile: un sisma principale di magnitudo 6.3 sulla faglia principale e una serie di repliche sulla stessa faglia e su quelle adiacenti. I fatti odierni si collocano su una faglia adiacente a entrambe le faglie protagoniste dei sismi del 1997 e del 2009.
A questo proposito sta circolando la tesi del riempimento del gap sismico. Cosa dice questa teoria? E' attendibile?
La sequenza sismica odierna è limitata a Nord dalla sequenza di Colfiorito e a Sud dalla sequenza de L'Aquila. Spiego meglio: di fatto il terremoto di Amatrice ha colpito quella zona che non era stata coinvolta dai terremoti del 1997 e del 2012, è andato a colmare il vuoto ideale che c'era nella linea che univa l'Umbria e l'Abruzzo, è andato a colmare quello che tecnicamente chiamiamo un vuoto di sismicità lasciato da due episodi precedenti. Non siamo davanti a un'unica faglia come quella californiana di Sant'Andrea che si estende per chilometri e chilometri, ma di più faglie, quindi il fenomeno è meno evidente e più difficile da capire.
Ci saranno altri episodi simili in futuro? Si può parlare di effetto domino?
Non lo possiamo determinare, però il fatto che oggi ci sia stato un terremoto di magnituto 6.1 sulla faglia che interessa Amatrice, ci dice due cose: che tale faglia non sarà più capace di sprigionare una simile energia, ma che potrebbe succedere un episodio simile in una faglia adiacente. Sì, ci può essere un effetto domino che però non siamo in grado di controllare perché non conosciamo i meccanismi e nemmeno tutte le faglie esistenti. Nello sciame sismico di oggi possono essere state interessate almeno quattro faglie tra quelle note, ma anche altre di cui non sappiamo nulla.
Ci saranno altre scosse di assestamento?
La sequenza potrà scemare o dare il la ad altri episodi: storicamente in questa regione nel 1703 ci furono due forti terremoti di magnitudo 6,7 a distanza di poche settimane: una fu registrata il 14 gennaio e l'altra il 2 febbraio. Parlare poi di scosse di assestamento è improprio, si tratta di una definizione erronea: è meglio parlare di repliche visto che non c'è nulla da assestare. Non sappiamo ancora se la scossa principale è stata il preludio ad altre scosse importanti o l'unico episodio eclatante.
L'Italia è preparata per far fronte a scosse sismiche come quelle odierne?
Certamente c'è una percezione sbagliata del rischio sismico: l'Appenino è classificato dall'Ingv come zona rossa e produce un terremoto di magnituto 6 praticamente ogni dieci anni, ma nonostante questo non viene avvertito dalla popolazione come una zona pericolosa. Abbiamo avuto Colfiorito nel 1997, dieci anni dopo L'Aquila, nel 2012 l'Emilia, e prima ancora il dramma dell'Irpinia, nel 1980, che fece quasi 3mila vittime. Il ritmo è di uno ogni dieci anni. Bisogna tenere alto il livello di consapevolezza e adeguare a questo rischio sismico le costruzioni storiche, ma anche le case dei privati, gli ospedali, i vari luoghi pubblici.