Terremoto di Accumoli, due terzi delle case non sono più agibili, viaggio tra i volontari incaricati di visionare gli edifici e valutare i danni
di Barbara Songia“Poche case ancora agibili e tante macerie piene di ricordi”. A più di un mese dal terremoto che ha colpito le Marche e il Lazio, Andrea Cerliani, architetto di Mariano Comense che ha partecipato alla task force di tecnici incaricati per verificare l'agibilità degli edifici di Accumoli, racconta a Tgcom24 come si vive nelle tendopoli. “C'è un clima sospeso, in attesa degli esiti sull'agibilità delle case e con l'incognita dell'inverno che si avvicina”.
Cerliani è partito dal Comasco per dare una mano ai tecnici del Coc (Centro operativo comunale) di Accumoli, insieme al compagno di squadra l'architetto Gian Paolo Bianchi di Olgiate Olona, che all'età di 76 anni e due esperienze (terremoti de L'Aquila e dell'Emilia Romagna) continua imperterrito a fare il volontario.
Che tipo di lavoro ha svolto ad Accumoli?
Il compito dei tecnici volontari di Protezione Civile è quello di procedere ai cosiddetti sopralluoghi “speditivi”, finalizzati a fare un primo censimento dei danni e a dare una risposta in tempi brevi a quei cittadini che presentano istanza di sopralluogo per verificare se possono rientrare nelle proprie abitazioni. Per ciascun immobile visionato viene redatta la “scheda Aedes” che riporta dati sulle tipologie costruttive dell'immobile e sull'entità dei danni riscontrati; oltre all'esito sull'agibilità, intesa come la possibilità di continuare ad utilizzare un edificio nel corso di una crisi sismica in atto, restando ragionevolmente protetta la vita umana.
In base a quale criterio vengono scelti i tecnici incaricati di verificare l'agibilità post-sismica?
I tecnici che intendono ottenere la qualifica per il compito del rilievo del danno e valutazione della agibilità devono seguire un corso di 60 ore, organizzati dal Dipartimento della Protezione Civile di concerto con gli Ordini Professionali territoriali, e superare un test di valutazione finale. Nel mio caso, ho fatto il corso nel 2013.
Si tratta di un intervento volontario e di che durata?
La disponibilità alla mobilitazione è una scelta personale. Ai tecnici abilitati che intendono dare il loro contributo è stato richiesto un intervento sul posto della durata di 8 giorni. La mobilitazione prevede turni settimanali fino alla fine di novembre. Ogni squadra è composta da due tecnici.
Quali strumenti ha avuto a disposizione per effettuare questa verifica?
I tecnici devono essere automuniti e indipendenti dal punto di vista trasportistico, e contattare direttamente le strutture ricettive convenzionate. L'accesso alle zone rosse avviene sempre con il supporto di una squadra di Vigili del Fuoco. Trattandosi in questa fase di verifiche “speditive”, non sono richieste ai tecnici particolari attrezzature se non elmetto, scarpe antinfortunio, fotocamera digitale: le indagini dei danni si fanno fondamentalmente a vista, sulla base delle competenze maturate nei corsi di formazione.
Quante case ha controllato e che situazione ha trovato?
In sei giorni effettivi di sopralluoghi (principalmente nelle frazioni di Accumoli) la mia squadra ha visionato circa 40 immobili; di questi solo un terzo sono risultati agibili, o che possono tornare tali con interventi di modesta entità. Due terzi sono risultati inagibili, e tra questi sono ricompresi gli immobili già crollati sotto il sisma, quelli da demolire perché irrecuperabili, e quelli che (nella migliore delle ipotesi) necessitano di ingenti interventi di ristrutturazione per tornare ad essere utilizzati in condizioni di sicurezza. Ovviamente il dato percentuale complessivo di edifici agibili / non agibili va visto sull'interezza del contesto territoriale coinvolto dal sisma, il dato di una singola squadra è riferito ad una limitata porzione di territorio, che può essere più o meno disastrata.
Ha qualche storia da raccontarci di persone che sono riuscite a rientrare nella propria casa?
Più che una singola storia, un'impressione generale: la maggior parte delle persone presenti la notte del sisma ha qui la seconda casa, perché si sono trasferiti per lavoro (a Roma, Ascoli, ecc.). Vedendole ritornare per la prima volta dopo il sisma, si capisce però che in molti casi la perdita di quella che fiscalmente si chiama seconda casa è affettivamente la perdita della prima casa, quella dove hanno vissuto i loro genitori, dove hanno trascorso l'infanzia, dove da sempre trascorrevano i periodi di vacanza, e dove magari pensavano di ritornare una volta in pensione.
Cosa dice la popolazione nelle tendopoli?
Noi tecnici eravamo alloggiati in strutture ricettive (nel mio caso a Leonessa, a 50 km di distanza da Accumoli). Nel campo della Protezione Civile di Accumoli, dove andavamo ogni giorno a pranzo, sono rimasti oltre ai volontari circa una ventina di civili (Accumoli faceva circa 600 abitanti); gli altri si sono trasferiti, perché hanno preferito sistemazioni in strutture ricettive anche se distanti, o perché alloggiano altrove presso parenti. Qualcuno che aveva delle attività produttive si sta organizzando con camper per stare più vicino agli animali da accudire o ai campi da coltivare.
I pochi rimasti nella tendopoli sono in un clima “sospeso”, in attesa degli esiti sull'agibilità delle loro case, dei segnali tangibili delle autorità che la vita riprende (ad esempio la riapertura della scuola di Amatrice), e con davanti la grossa incognita dell'inverno che si avvicina.