A "Striscia la Notizia" parlano gli autori dell'inchiesta "Shark Prayed": "Lo chiamano fish and chips ma in realtà si tratta di shark and chips"
Nelle tavole italiane abbonda, a nostra insaputa, lo squalo. Per la rubrica di "Striscia la Notizia" "Ambiente Ciovani" Serena e Silvia hanno intervistato Marco e Andrea Spinelli, autori dell'inchiesta documentario "Shark Prayed" sul commercio illegale di carne di squalo. Ristoranti, mercati del pesce e supermercati propongono questo animale sotto nomi non sempre immediati da cogliere come verdersca, palombo, gattuccio, spinarolo o boccanera. Secondo l'International Fund for Animal Welfare (Ifaw), l'Italia è il maggior paese importatore dell'Unione Europea di carne di squalo, una specie a rischio estinzione nel mondo e nel Mar Mediterraneo.
"Il problema è che mangiamo carne di squalo senza saperlo perché c'è stata poca informazione", dicono i fratelli Spinelli che hanno documentato quello che accade nei mercati ittici in Spagna e nei supermercati italiani. Non si salva nemmeno il "fish and chips", tradizionale piatto inglese a base di pesce e patate. "Lo chiamano "fish and chips", ma sarebbe più corretto definirlo "shark and chips" perché se un tempo era fatto col merluzzo oggi è fatto con carne di squalo", dicono gli autori dell'inchiesta.
Negli ultimi 50 anni, il 90% di alcune specie di squalo si sono ridotte provocando squilibri enormi negli ecosistemi. Se è vero che nell'Unione Europea non c'è ancora un divieto assoluto di pescare e vendere carne di squalo, non esiste una regolamentazione come per il tonno e il pesce spada. E dunque, è la tesi dei due documentaristi, è bene quantomeno mettere il consumatore nelle condizioni di scegliere in maniera consapevole.
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