Il mezzo cadde da un viadotto e ci furono 40 morti. Condannati anche l'ex dg e due dipendenti. Castellucci: "Io capro espiatorio"
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Per la strage del bus di Avellino la Corte di Appello di Napoli (seconda sezione) ha condannato a sei anni di reclusione l'ex ad di Aspi Giovanni Castellucci. Nel processo di primo grado Castellucci fu assolto. L'incidente era avvenuto sull'A16 la sera del 28 luglio 2013, all'altezza di Monteforte Irpino, in provincia di Avellino: il bus, anche a causa di un problema ai freni, precipitò dal viadotto Acqualonga provocando quaranta morti. Stessa pena anche per il dg dell'epoca Riccardo Mollo e per i dipendenti di Aspi Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna. Castellucci: "Io capro espiatorio".
Il giudice ha ridotto la pena a cinque anni di reclusione per il dirigente di Aspi Nicola Spadavecchia e per il direttore di tronco di Aspi Paolo Berti. Rideterminate a tre anni di reclusione, invece, le pene per Gianluca De Franceschi (dirigente di Aspi), per Gianni Marrone (dipendente di Aspi) e per Bruno Gerardi (dipendente di Aspi). La Corte di Appello l'ha ritenuto colpevole di omicidio colposo e di disastro colposo Castellucci a cui viene contestata la "violazione delle norme che garantiscono la circolazione autostradale in condizioni di sicurezza, di avere omesso di provvedere alla riqualificazione dell'intero viadotto Acqualonga dell'A16 con la necessaria sostituzione delle barriere di sicurezza con quelle marcate CE, in ragione della intervenuta non conformità normativa di quelle esistenti al momento del sinistro non adeguate ad una infrastruttura autostradale".
Il processo di secondo grado, conclusosi oggi, ha preso il via il 7 gennaio 2021. Nella sua requisitoria del 4 maggio scorso, la Procura generale di Napoli (sostituto procuratore generale Stefania Buda) sostenne la sussistenza del nesso di causalità tra l'omessa sostituzione delle barriere e l'incidente che causò 40 vittime. Alla lettura del dispositivo di sentenza ha assistito anche una piccola rappresentanza di parenti delle vittime.
"La sentenza di secondo grado stupisce e sconcerta non solo gli avvocati perché va contro il senso comune e i fatti già accertati in primo grado e confermato se ce ne fosse stato il bisogno, in secondo grado. Non posso togliermi dalla testa che questa sia una giustizia condizionata dalla esigenza superiore di trovare un capro espiatorio in presenza di tante vittime alle cui famiglie va, ancora una volta, il mio sincero e profondo cordoglio". Così Giovanni Castellucci.
"Quella di oggi è a nostro avviso una sentenza incomprensibile": lo afferma l'avvocato Alfonso Furgiuele, uno dei difensori di Giovanni Castellucci. "In oltre 50 anni di esercizio della professione - aggiunge - non ricordo che una sentenza di assoluzione, sorretta da una motivazione solida, approfondita e giuridicamente ineccepibile, sia stata ribaltata in appello nonostante gli argomenti in essa sostenuti fossero stati tutti confermati ed anzi rafforzati a seguito di una articolata e completa rinnovazione dell'istruzione dibattimentale; come invece è avvenuto in questo caso. Pertanto, non riesco proprio a immaginare come sarà possibile per la Corte di Appello di Napoli redigere a sostegno della condanna una motivazione ragionevole, tale da poter 'reggere' nel giudizio di cassazione che sarà celebrato a seguito del ricorso che proporremo".
"E' una sentenza - dichiara l'avvocato Paola Severino, altro difensore di Castellucci - del tutto sorprendente e totalmente distonica rispetto alle risultanze del dibattimento. L'ex amministratore delegato di Autostrade, infatti, aveva stanziato i fondi per la sostituzione di barriere su oltre 2.200 chilometri di carreggiata, comprendenti quelle presenti sul viadotto in questione. Nella fase esecutiva, che ovviamente non competeva all'ingegner Castellucci, si decise di non inserire la barriera presente sul tratto di Acqualonga tra quelli da rinnovare perché valutata adeguata e sicura, come confermato dal perito nominato dal Tribunale. L'ingegner Castellucci viene condannato dopo che il giudizio di primo grado ne aveva accertato l'innocenza. E' difficile comprendere in cosa consisterebbe la colpa di Castellucci, se non quella di essere l'ad dell'epoca".