Brescia, 50 anni fa la strage di Piazza della Loggia: i numeri della vicenda
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Una bomba esplose durante una manifestazione contro il terrorismo neofascista. L'iter processuale si è concluso nel 2017 con due condanne (Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte)
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Sono passati cinquant'anni dalla strage di piazza della Loggia a Brescia, l'attentato di matrice neofascista che il 28 maggio 1974 uccise otto persone e ne ferì oltre cento. È considerato uno tra i più gravi avvenuti durante gli "anni di piombo".
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Alle 10:12 esplose una bomba contenente almeno un chilogrammo di gelignite e dinamite. L'ordigno era nascosto in un cestino dei rifiuti. Il fatto mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista con la presenza del sindacalista Cisl Franco Castrezzati, sul palco al momento dello scoppio.
Il giorno prima, un messaggio proveniente da Ordine nero - Gruppo Anno zero - Briexien Gau e invitao a quotidiani di Brescia aveva preannunciato attentati contro esercizi pubblici. Nella lettera si spiegava di voler ricordare la morte di un giovane bresciano - avvenuta qualche giorno prima per lo scoppio di una bomba trasportata sulla sua Vespa - già militante in formazioni extraparlamentari di estrema destra. Il giovane ere anche in contatto con "elementi dell'oltranzismo nero di Milano e Verona".
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Sei persone morirono sul colpo, altre due alcuni giorni dopo. Oltre cento i feriti. A perdere la vita nella strage furono: Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni, insegnante di francese; Livia Bottardi in Milani, 32 anni, insegnante di lettere alle medie Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante di fisica; Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante; Euplo Natali, 69 anni, pensionato, ex partigiano; Luigi Pinto, 25 anni, insegnante; Bartolomeo Talenti, 56 anni, operaio; Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio.
La vicenda giudiziaria relativa alla strage di piazza della Loggia si è dispiegata nell'arco di 43 anni, concludendosi nel 2017. Si compone di ben cinque fasi istruttorie e tredici di giudizio, concluse da altrettante sentenze, nell'ambito di tre processi: primo processo o "processo Buzzi", secondo processo o "processo Ferri", terzo processo o "processo agli ordinovisti".
Sono due i condannati in via definitiva all'ergastolo per concorso in strage: Maurizio Tramonte, considerato dai giudici un ex infiltrato dei servizi segreti e membro di Ordine Nuovo e Carlo Maria Maggi, morto il 26 dicembre 2018 mentre era agli arresti domiciliari, ritenuto il "regista" dell'attentato e capo di Ordine Nuovo nel Triveneto.
Fu Tramonte, secondo il verdetto definitivo, a ispirare una relazione del Servizio segreto militare, in cui si diceva che nel 1974 c'erano state riunioni in cui Ordine Nuovo, sciolto nell'anno precedente, aveva deciso una ripresa clandestina delle attività. Uno di questi incontri avvenne ad Abano Terme tre giorni prima dell'attentato e dai documenti risulta che Maggi disse che bisognava proseguire nella strategia stragista iniziata il 12 dicembre 1969 in piazza Fontana. In un'altra riunione spiegò che la strage di Brescia non sarebbe dovuta rimanere "isolata" ma essere seguita da "altre azioni terroristiche di grande portata da compiere a breve scadenza" per aprire "un conflitto interno risolvibile solo con lo scontro armato".
C'è infine un'ultima inchiesta della procura di Brescia che si concentra su altri due possibili esecutori materiali dell'attentato: Roberto Zorzi e Roberto Toffaloni, ex militanti di Ordine Nuovo veronesi. Secondo una nuova ricostruzione, furono loro a piazzare l'esplosivo nel cestino dei rifiuti, cinquant'anni fa. Per Zorzi il processo inizierà in Corte d'Assise il prossimo 18 giugno. Per Toffaloni (sedicenne al tempo della strage) il 30 maggio: da ultrasettantenne sarà davanti al Tribunale dei Minori. I due imputati vivono all'estero: Zorzi negli Usa e Toffaloni in Svizzera. Entrambi sostengono di non avere nulla a che fare con la strage.