L'intervista esclusiva a "Quarto Grado" a Luciano Gallorini: "Su di me tante bugie. Quella sera abbiamo vissuto l'anticamera dell'inferno"
Per la prima volta parla a "Quarto Grado" Luciano Gallorini, l'ex comandante dei carabinieri di Erba, della strage avvenuta l'11 dicembre 2006. Nella casa dove vivevano i Castagna trovarono la morte Raffaella e il figlioletto Youssef, Paola (nonna del piccolo), e la vicina di casa Valeria Cherubini. Per il massacro sono stati condannati all'ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. I due, dopo aver confessato i delitti in più occasioni, ribadiscono la propria innocenza e puntano alla revisione del processo.
"Io non conosco l'inferno, ma di sicuro, quella sera, abbiamo vissuto l'anticamera dell'inferno. Acqua, fuoco, fuliggine, odore di carne umana e di sangue bruciato: solo chi l'ha avuto nel naso può ricordarselo. Io vengo chiamato alle ore 20:00, circa. Mi precipitai sul posto e trovai una situazione veramente apocalittica - racconta Gallorini - Salgo all'interno della palazzina, dove trovo il primo cadavere di una donna. Poi entro all'interno dell'appartamento, dove troviamo un altro cadavere, sempre di un'altra donna, e in un locale-salotto in fondo all'appartamento c'era il bambino sgozzato. Poi si scoprì, immediatamente dopo, che c'era un ulteriore cadavere, quello di Valeria Cherubini".
"Il primo interrogativo, che ci siamo posti, è stato su Azouz Marzouk. Poi controllando il carteggio della stazione accertiamo che i vicini di casa della signora Castagna erano stati al comando di Erba, per delle liti dalle quali erano scaturite lesioni e minacce tra la famiglia dei Castagna e Olindo Romano e Rosa Bazzi. Così dissi al maresciallo Nesti di andare a controllare, di fare un salto a casa, per vedere. Poco dopo il maresciallo mi chiamò e mi disse che c'era una situazione un pochino strana: mi disse che i coniugi avevano aperto dicendogli che stavano dormendo, anche se non era vero. Poi, senza che lui chiedesse niente, gli avevano mostrato uno scontrino di un esercizio pubblico, e poi mi riferì che la signora aveva un dito incerottato. A quel punto, con un collega, decisi di andare nella casa dei due coniugi. Quando sono entrato, il signor Romano aveva sul braccio e su un dito delle ecchimosi" ha proseguito Luciano Gallorini.
Il 20 dicembre 2006 l'ex comandante dei carabinieri di Erba interroga Mario Frigerio. "Abbiamo chiesto di poter parlare con l'unico sopravvissuto, per ricostruire e per capire qualcosa di più. Piangendo, disse che il suo assassino poteva essere Olindo Romano. La cosa scosse un po' tutti e a quel punto abbiamo interrotto il colloquio investigativo, perché non era corretto andare avanti, in quanto la cosa era troppo delicata. Non ho indotto Frigerio a dire il nome di Olindo, che senso avrebbe avuto? Ci ha sorpreso, soprattutto, il pianto".