Il vizio parziale di mente, se riconosciuto, porterebbe a una riduzione della pena nel processo abbreviato
Riccardo Chiarioni, il 18enne che nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre 2024, ancora minorenne, uccise madre, padre e fratello in una villetta a Paderno Dugnano (Milano), era "parzialmente incapace di intendere e volere". Lo ha stabilito la perizia psichiatrica di Franco Martelli, disposta dalla gip per i minorenni di Milano, Laura Margherita Pietrasanta. Il vizio parziale di mente, se riconosciuto, porterebbe a una riduzione della pena nel processo abbreviato che deve iniziare. Una consulenza difensiva, invece, ha accertato per lui un'incapacità totale.
L'accertamento ha quindi stabilito che il ragazzo, che ora ha 18 anni e mezzo, era parzialmente incapace di intendere e di volere quando sterminò la famiglia, dopo che a casa quella sera c'era stata la festa per il compleanno del padre. Il giovane, secondo la perizia, aveva il suo spazio di libertà limitato, ovvero una capacità di intendere ridotta, così come "ridotta" era la sua capacità di volere al momento del fatto. Voleva rifugiarsi nel suo mondo fantastico della immortalità e per raggiungerlo nella sua ottica mentale doveva liberarsi dei suoi cari. Viveva nella fantasia, quest'ultima, però, non intesa come "delirio", ma come rifugio.
"Volevo proprio cancellare tutta la mia vita di prima", aveva messo a verbale, parlando di quel suo "malessere" che durava da tempo ma che si era acuito in estate, e dicendo di sentirsi "estraneo" rispetto al mondo. "Volevo essere immortale, uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero", aveva detto ancora, tentando di spiegare una strage senza un movente. Nelle relazioni degli psicologi che si sono occupati di lui, allegate agli atti delle indagini, si era messo in evidenza che il ragazzo aveva parlato di un "clima competitivo" che c'era in famiglia, ma anche nello sport e più in generale in tutta la società.
Le ultime sue vacanze estive, con familiari e amici, le aveva descritte come "serene", o almeno così aveva raccontato. In famiglia, ha spiegato nei colloqui, "se c'era il pretesto di litigare, io cercavo di non farlo", si tirava indietro. All'apparenza non aveva un motivo per massacrare la famiglia, colpendo con decine di coltellate sul fratellino. "È stata la sera della festa che ho pensato di farlo", ha riferito davanti alla giudice che lo aveva interrogato dopo l'arresto.
Anche la difesa ha nominato un proprio consulente, lo psichiatra Marco Mollica, che nel suo elaborato ha concluso per un disturbo psichico che ha comportato un vizio totale di mente. Entrambe le relazioni, così come quella della Procura per i minori, entreranno nel processo abbreviato (con sconto previsto sulla pena), che deve essere ancora fissato, dopo che nei giorni scorsi i pm, nell'inchiesta dei carabinieri, hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato.
Nell'imputazione per omicidio volontario pluriaggravato, anche dalla premeditazione, a carico del 18enne, detenuto nel carcere minorile di Firenze, viene riportato quel numero impressionante di coltellate, molto più alto di quello che era venuto fuori dai primi accertamenti autoptici. La perizia, intanto, sarà discussa, tra parti e consulenti, davanti alla giudice in un'udienza ad aprile. Poi, se il vizio parziale di mente venisse riconosciuto nel processo, ci sarebbe un'ulteriore sensibile riduzione della pena. "Pur non entrando nel merito delle relazioni, che sarà valutato nelle opportune sedi, è stato accertato che il malessere di cui parlava Riccardo ha trovato conferma nella perizia e nella consulenza", ha spiegato l'avvocato Rizza. In tutto questo tempo i nonni, così come gli altri familiari, sono sempre rimasti vicini al ragazzo.