Il tribunale di Ravenna ha condannato l'azienda a pagare 87mila euro alla donna. Per il giudice è "inammissibile che fossero i dipendenti a doversi proteggere da sé"
© ansa
Un'impiegata è stata risarcita con 87mila euro per lo stress e la conseguente patologia di carattere psicologico causati dalle tre rapine che subì tra 2002 e 2003 nell'ufficio postale in cui lavorava, a Ponte Nuovo. Lo ha deciso il tribunale di Ravenna al quale la donna, una 58enne, si era rivolta ritenendo troppo esiguo l'indennizzo dell'Inail dopo che, per i problemi di salute dovuti alle rapine, aveva deciso di andare in prepensionamento.
Il giudice, a conclusione della causa, ha riconosciuto le Poste responsabili della malattia sotto il profilo dei mancati interventi per la sicurezza dei dipendenti e ha condannato l'azienda a risarcire 87mila euro, somma comprensiva delle spese, con interessi e rivalutazione.
Dalle testimonianze sono emerse le dinamiche violente dei rapinatori nei confronti dell'impiegata: intimorita con minacce verbali, con armi da fuoco e da taglio puntate alla gola o alla testa. Nell'ufficio, una volta blindato, dai primi anni Duemila l'unico sistema antirapina era un pulsante di allarme sotto il bancone, oltre alla cassaforte temporizzata. E per il giudice è "inammissibile che fossero i dipendenti a doversi proteggere da sé effettuando sopralluoghi, evitando di rimanere da soli, scrutando le intenzioni dei clienti, ispezionando l'esterno".