PARLA IL SISMOLOGO

Terremoto "effetto domino": nell'Appennino complessa rete di faglie collegate fra loro in un sistema dinamico

Questo è ciò che ha causato i sismi del 24 agosto nel Reatino, del 26 ottobre fra Perugia e Macerata e quest'ultimo

30 Ott 2016 - 14:14
 © ansa

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Un sistema di faglie complesso quello che ha generato i terremoti del 24 agosto nel Reatino, del 26 ottobre fra Perugia e Macerata e quest'ultimo vicino Norcia, il piu' forte di tutti con una magnitudo di 6.5. "I sismi così frequenti nell'Italia centrale sono generati da queste relativamente piccole faglie, collegate fra loro in un rapporto dinamico. Se non ci fosse stato il terremoto del 24 agosto, quello del 26 ottobre probabilmente sarebbe arrivato fra 10 o 100 anni", ha spiegato il sismologo Gianluca Valensise, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

Interpretare il sistema appenninico è difficile e, soprattutto, è più complesso rispetto al considerare le faglie lineari, come quella di Sant'Andrea, che attraversa la California per 1300 chilometri.

"Se studiamo la faglia di Sant'Andrea sappiamo di trovarci davanti a un oggetto continuo, che si estende per centinaia di chilometri e quando lungo quella faglia avviene un terremoto sappiamo che ad attivarsi sono porzioni diverse dello stesso sistema - ha osservato Valensise - Studiare il sistema di faglie dell'Appennino è completamente diverso: le faglie sono infatti frammentate, al punto che nell'Italia Centrale la loro estensione media è compresa fra 10 e 20 chilometri, mentre a Sud riesce a raggiungere 40 o 50 chilometri".

All'interno di questo complesso sistema si crea un "effetto domino", nel quale ogni volta che una faglia si attiva e genera un forte terremoto, "tocca" anche porzioni ancora intatte della stessa faglia o altre minori circostanti. Può quindi accadere, dunque, che quelle più piccole che si trovano nelle vicinanze si rompano a loro volta, o che generino altri terremoti, che altro non sono che le repliche del sisma principale.

Ogni terremoto che avviene nell'Appennino può quindi interessare "tante faglie diverse", tutte generalmente orientate nella direzione che va da Nord-Ovest a Sud-Est. E' un sistema ormai noto ai sismologi, anche se "delle incognite ci sono sempre", ha osservato Valensise. Funziona così: si crea un movimento di tipo estensionale, ossia una sorta di "stiramento" della crosta terrestre in corrispondenza dell'Appennino con un conseguente allargamento dell'Italia Centrale. E' un fenomeno che avviene in modo graduale ma inesorabile, ad una velocita' di qualche metro per millennio, lungo tutto l'arco che va da dalla Lunigiana allo Stretto di Messina. La faglia che si e' attivata il 26 ottobre, per esempio, non aveva mai dato chiari segnali di attivazione, nè se ne avevano notizie certe sulla base dei terremoti storici.

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