La Gdf di Roma avrebbe rinvenuto in casa della pr calabrese materiale di proprietà della Santa Sede. La donna è indagata per ricettazione
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Documenti del Vaticano su Papa Francesco, sull'APSA (la Banca Centrale Vaticana), faldoni sul Palazzo di Londra, al centro dell'inchiesta finanziaria che sta scuotendo i Sacri Palazzi. E poi timbri con gli stemmi della Santa Sede, sigilli pontifici e pergamene pregiate con in filigrana la parola "Secretum", utilizzate generalmente dalla Segreteria di Stato o dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. E' quanto avrebbero trovato gli uomini del Nucleo Valutario della Guardia di Finanza di Roma dopo una perquisizione negli uffici e nell’abitazione di Francesca Immacolata Chaouqui, trentanovenne calabrese indagata per ricettazione nell’inchiesta della Procura di Roma su alcune maxicommesse da 72 milioni di euro per l’acquisto di 801 milioni di mascherine dalla Cina durante la prima ondata dalla pandemia.
"Sono estranea a tutto", si è difesa la donna che si è detta "sorpresa" per l’inchiesta a suo carico e "pronta a chiarire tutto con i magistrati". Come riporta il quotidiano La Verità, le Fiamme Gialle hanno compiuto delle perquisizioni oltre che nell'abitazione di Mario Benotti, indagato nell’inchiesta e legato a Chaouqui, anche in casa e nella sede dell’agenzia di comunicazione, la View Point Strategy, della pr, finita nel 2015 al centro del secondo scandalo Vatileaks che le costò il soprannome "La Papessa".
I finanziari non avrebbero trovato documenti riguardanti società cinesi, ma, in compenso, numerose carte vaticane, sigilli e timbri della Santa Sede, distinte, bilanci, lettere, un quaderno di appunti con versi di poesie ripetuti centinaia di volte e che contenevano, attraverso la sequenza di Fibonacci, un codice per aprire uno scrigno, antiche copie della Divina Commedia e altri documenti finanziari risalenti anche all’epoca in cui la Chaouqui era membro della COSEA, la pontificia commissione referente di studio e indirizzo sull’organizzazione della struttura economica-amministrativa che venne istituita il 18 luglio 2013 da Papa Francesco con lo scopo di raccogliere informazioni in vista della riforma finanziaria.
La donna finì al centro dello scandalo Vatileaks 2 e condannata dal Tribunale Vaticano, il 7 luglio 2016, a 10 mesi di carcere (pena sospesa per 5 anni) per concorso con monsignor Lucio Angel Vallejo Balda nella diffusione di documenti riservati del Vaticano. Una notizia, quella delle carte vaticane, dei timbri e delle pergamene ritrovate, parrebbe, in possesso della Chaouqui, che ha colto di sorpresa numerose personalità in Vaticano, anche perché nel 2018 la donna aveva annunciato di aver dato mandato al notaio Pasquale Landi di restituire al Vaticano tutti i dossier che in più occasioni aveva detto di custodire in casa o in un caveau.
A quanto pare, però, altre copie di quei documenti, insieme a materiale ad uso esclusivo della Santa Sede, sarebbe rimasto in possesso della donna dai tempi del suo incarico in Vaticano, nonostante il Regolamento Generale della Curia Romana, in vigore dal 1999, vieti esplicitamente al personale in servizio di "asportare documenti originali, fotocopie, copie elettroniche o altro materiale d’archivio e di lavoro riguardante l’Ufficio e tenere fuori dall’ufficio note o appunti privati circa le questioni che si trattano nei Dicasteri".
Rimane comunque il dubbio, in particolare per i timbri, sulla loro eventuale autenticità: Chaouqui nel 2016 era stata condannata per falso, tentata truffa e truffa aggravata, pena patteggiata ad otto mesi, per aver utilizzato fino al 2014 il pass di una zia disabile morta nel 2008 con l’obiettivo di attraversare con l’auto la Ztl nel centro storico di Roma. Le indagini evidenziarono che vennero utilizzati anche dei timbri falsificati per rendere credibili i rinnovi dei documenti della zia defunta.