La sera del 30 aprile 2020 a Collegno, durante l'ennesima aggressione da parte del genitore, il 22enne lo colpì con 34 coltellate. Non per "odio, frustrazione o rabbia" ma "fino a quando ha constatato che non costituiva più un pericolo"
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Ha colpito il padre con 34 coltellate non per "odio, frustrazione o rabbia", ma perché "si è difeso fino a quando ha constatato che era inerme e non costituiva più un pericolo". Lo scrive la Corte di assise di appello di Torino nelle motivazioni con cui ha assolto Alex Cotoia (all'epoca Alex Pompa, che nel frattempo ha cambiato cognome prendendo quello materno) dall'accusa di omicidio volontario per la morte del genitore, Giuseppe Pompa. Il 30 aprile 2020 nell'abitazione di famiglia a Collegno, il 22enne era intervenuto in favore della madre nel corso dell'ennesima litigio in "un contesto a dir poco drammatico". I giudici hanno concluso che si è trattato di un caso di "legittima difesa putativa".
Giuseppe Pompa è stato descritto come una persona in preda di una "gelosia patologica" e di un "insopprimibile desiderio di imporsi sui familiari". Il clima in casa era ormai da tempo quello di "una pesantissima sopraffazione del marito nei confronti della moglie" e, quella sera, l'uomo sembrava in preda a una rabbia ormai "incontrollabile". "Anche a voler ritenere che Alex - scrivono ancora i giudici - abbia agito nella erronea convinzione che il padre intendesse armarsi di un coltello e, per questa ragione, lo abbia affrontato", ci sono elementi concreti e "idonei a indurre nell'imputato la ragionevole persuasione di trovarsi in pericolo". Quindi "è possibile ritenere integrati gli elementi della legittima difesa putativa".
La Corte non ha avvalorato la tesi della procura generale, che oltre a chiedere la condanna di Alex, aveva sostenuto che le testimonianze della mamma e del fratello (anche lui presente in casa la sera della morte di Giuseppe Pompa) non erano credibili. Secondo i giudici i loro racconti possono essere sembrati "parziali, incoerenti e non perfettamente lineari", ma ciò "è spiegabile con la drammaticità della situazione" del momento. La Corte, inoltre, ha osservato che le convinzioni della pubblica accusa sono state condizionate dal fatto che la scena fu "pesantemente contaminata" dai soccorritori e addirittura "irrimediabilmente compromessa nel corso delle operazioni di rilievo tecnico operate dai carabinieri nell'immediatezza".