In attesa della sentenza del processo d'appello bis, la studentessa di Seattle si difende dalle accuse. E spiega che, in caso di condanna, porterà il caso fino "alla Corte Suprema"
© da-video
Raffaele Sollecito "è un bravissimo ragazzo" che "ha sofferto per starmi accanto": a dirlo è la sua ex fidanzata, Amanda Knox, imputata assieme a lui nel processo d'appello bis per l'omicidio di Meredith Kercher. Alla quale la studentessa di Seattle ha detto di pensare "ogni giorno". Amanda, intervistata dal Tg1, ha spiegato che attenderà la sentenza nella casa della madre e "se condannata lotterò per la mia innocenza fino alla Corte Suprema".
Difendendosi dall'accusa di omicidio, Amanda sottolinea poi che "non c'è una prova che io sono stata là quando è successo. E' pacifico. Io non c'ero". L'accusa, sostiene "si basa su certe supposizioni che non hanno fondamento e soprattutto sulla supposizione che sono un mostro. Non sono così, non sono mai stata così".
Riguardo alle tracce di sangue notate dalla Knox nella casa di Perugia poco prima che venisse scoperto il cadavere di Meredith, Amanda ha detto: "Non sapevo cosa pensare. Non ho mai avuto un'esperienza del genere. Quando ho visto il sangue ho pensato 'forse è strano'. Non ho mai pensato che qualcuno fosse stato ucciso".
Sicuramente, aggiunge, "Rudy Guede c'era quella sera", ma "non è mai stato in casa mia. Sul Dna in quella stanza non c'è altra spiegazione. Ci sono le sue impronte nel sangue di Meredith, le impronte delle sue scarpe nel sangue di Meredith. Questi sono fatti pacifici".