Concordia, Schettino piange in aula: "Quel giorno sono in parte morto anche io"
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La difesa si scaglia contro la richiesta di condanna della Procura: "Pena sembra un ergastolo, il comandate è stato perseguitato e dileggiato"
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"Sento di dire che il 13 gennaio 2012 sono in parte morto anche io". Lo ha detto Francesco Schettino, senza trattenere le lacrime, nella sua dichiarazione spontanea in aula a Grosseto. Poco prima i difensori del comandante avevano criticato la richiesta di 26 anni: "Sembra un ergastolo - ha detto Domenico Pepe - In questi tre anni Schettino ha sofferto come nessun altro. E' stato mortificato, offeso, ingiuriato in udienza, perseguitato".
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"Il comandante Schettino non si può muovere, non può andare al ristorante. Qui a Grosseto ci siamo dovuti nascondere sperando di non essere visti. In questi tre anni è come se avesse subito 30 anni di carcere. Se è responsabile lo si condanni, ma non dileggiamolo", ha continuato il legale.
Poi Pepe critica il lavoro del pm: "Credo che quelli del pubblico ministero siano stati voli pindarici. E' stata messa insieme una quantità enorme di dati difficilmente interpretabili da un comune mortale. E' stato un enorme minestrone di cui difficilmente si è colta la sintesi se non dopo mesi grazie al nostro miglior tecnico, che è stato Schettino stesso".
Schettino: "Quel giorno sono in parte morto pure io" - "Dal 16 gennaio la mia testa è stata offerta con la convinzione errata di salvare interessi economici". Lo ha detto Schettino all'inizio della sua dichiarazione spontanea ammessa dal tribunale. "La divulgazione di atti processuali prima che fossero analizzati" fin dall'inizio, fino a questa "fase del processo in cui sono state dette frasi offensive, si avvalora l'immagine di uomo meritevole di una condanna. Una condanna che soddisfi il progetto iniziale di logiche utilitaristiche chiare".
Lacrime in aula - "Sono stato accusato di mancanza di sensibilità per le vittime: cospargersi il capo di cenere è un modo per esibire i propri sentimenti. Una scelta che non ho fatto. Il dolore non va esibito per strumentalizzarlo", ha aggiunto Schettino. L'imputato ha poi iniziato a "parlare di momenti di dolore che ho condiviso coi naufraghi a casa mia", ma dicendo questo si è messo a piangere aggiungendo: "Non volevo questo", quindi ha interrotto il suo intervento.
Giudici in camera di consiglio - Al termine della dichiarazione di Schettino, i giudici del tribunale di Grosseto si sono ritirati in camera di consiglio per decidere il verdettodel processo sul naufragio della Concordia, dove è imputato proprio il comandante. La sentenza è attesa per questa sera o domani.
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