La donna, 28 anni, davanti al giudice di Grosseto aveva affermato che "non voleva che il piccolo morisse". Nella mattinata le era stato convalidato il fermo poi il referto
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Secondo l'autopsia, il neonato morto sulla nave da crociera sarebbe deceduto per cause naturali: per questo motivo è stata scarcerata Chan Jheansel Pia Salahid, 28enne, nata a Manila (Filippine), l'inserviente che ha dato alla luce il bambino sulla nave da crociera il 17 maggio. L'aveva chiamato Tyler. E non voleva assolutamente che morisse. Lo ha ripetuto più volte al giudice dell'udienza di convalida. La donna, che era stata sottoposta a fermo in carcere per omicidio volontario, era stata interrogata nella mattinata dal giudice di Grosseto, Sergio Compagnucci. "Si è presa cura del bambino fin dall'inizio, lo allattava e lo idratava. Lo puliva quando c'era bisogno - ha sottolineato il suo difensore. - Ha usato degli assorbenti perché non aveva pannolini. E poi non si dà il nome a un bimbo che si vuole ammazzare".
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Il decesso del neonato sarebbe da attribuire quindi a morte naturale, secondo i primi esiti dell'autopsia. E anche per questo motivo la mamma è stata scarcerata, come ha disposto il giudice di Grosseto in base alla relazione preliminare del medico legale, Mario Gabbrielli. Nella mattinata il Gip aveva convalidato il fermo riqualificando il reato da omicidio volontario ad abbandono di minore. Il medico legale ha 90 giorni per consegnare la relazione completa ma dalle prime risultanze emerge che il piccolo è morto per cause naturali.
Davanti al giudice dell'udienza di convalida, Chan Jheansel Pia Salahid ha raccontato quello che è accaduto sulla nave da crociera, dove lavorava come aiutante in cucina. "E' emerso - ha riferito il suo avvocato difensore, Giovanni Di Meglio, - che la ragazza pensava di essere più indietro nella gravidanza e di gestire la situazione. Ma, dopo essere partita da Salerno ha partorito. Si è trovata di fronte a una situazione molto difficile. E ha fatto quello che una persona come lei poteva fare ovvero il miglior modo possibile".
Secondo il legale questo non "è bastato" ed "esclude del tutto" la possibilità di omicidio volontario, per lei e le altre due colleghe.
Sempre nella ricostruzione, la 28enne avrebbe "gettato durante la notte la placenta nell'inceneritore della nave. Se avesse voluto disfarsi di quel fagotto, non se sarebbe accorto nessuno durante la navigazione, approfittando anche del buio. Perché, appunto, non era nella sua volontà ammazzarlo".
La morte del neonato, secondo Di Meglio, è avvenuta per un "comportamento negligente, certamente non per il dolo. Ha tenuto nascosta la gravidanza perché altrimenti sarebbe stata licenziata. Il suo stipendio gli permetteva di far vivere la sua famiglia nelle Filippine, sono sei persone".
In tribunale a Grosseto, dove sono state portate dal carcere di Sollicciano (Firenze) per la convalida, c'erano anche, con l'accusa di omicidio volontario, le due colleghe, Mutundu Dorcas Njuguini, originaria del Kenya di 28 anni, e Mphela Kgothadso Mabel Jasmine, del Sud Africa di 25. Assistite dai legali Mario e Luca Fabbrucci, si sono avvalse della facoltà di non rispondere.