tentata violenza sessuale

Morte Martina Rossi, Albertoni e Vanneschi si sono costituiti in carcere ad Arezzo | Disposto regime di semilibertà

Il papà della ragazza: "Mezzo premio non meritato". I due erano stati condannati a 3 anni per tentata violenza sessuale alla studentessa genovese, morta nel 2011 a Palma di Maiorca

08 Ott 2022 - 19:17

Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, condannati a 3 anni per tentata violenza sessuale alla studentessa genovese Martina Rossi, si sono costituiti, nel carcere di Arezzo. La giovane morì a 20 anni, il 3 agosto 2011, precipitando dalla terrazza di una camera d'albergo, a Palma di Maiorca, cercando di sfuggire ai due che alloggiavano nella stessa struttura. Albertoni e Vanneschi dopo la sentenza della Cassazione, del 7 ottobre 2021, avevano chiesto la messa in prova ai servizi sociali. Per loro, oggi trentenni, il tribunale di sorveglianza di Firenze ha disposto il regime di semilibertà. "La semilibertà concessa agli assassini di mia figlia è un mezzo premio non meritato. Sarei stato più felice se fossero rimasti in carcere e mi chiedo: quali lavori potranno fare? Uno correva in moto, l'altro non mi risulta abbia mai lavorato", ha commentato Bruno Rossi, papà di Martina. "Sono profondamente rattristato ma almeno non hanno avuto i lavori di pubblica utilità, anche perché non hanno fatto niente per meritarselo".

I condannati e gli amici - Secondo la Cassazione Martina Rossi morì nel tentativo di fuggire a uno stupro. Vanneschi e Albertoni sono stati condannati per tentata violenza sessuale mentre è andata prescritta l'accusa di morte come conseguenza di altro reato.

Gli investigatori spagnoli avevano sbrigativamente chiuso le indagini come suicidio, ma grazie alla tenacia dei genitori di Martina, assistiti dall'avvocato Stefano Savi, e all'allora pm Biagio Mazzeo, le indagini erano state portate avanti a Genova e si era scoperto che la studentessa era stata aggredita.

Morte di Martina Rossi, la vicenda

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Due amici di Albertoni e Vanneschi, accusati di avere depistato le indagini sulla morte di Martina, nell'aprile scorso erano stati condannati a 280 ore a testa di volontariato. Al termine delle ore, il reato si estingue.

Disposto il regime di semilibertà - Detenzione in regime di semilibertà: è quanto è stato disposto dal tribunale di sorveglianza di Firenze per i due trentenni aretini. La decisione è arrivata in procura generale che ha emesso il provvedimento di esecuzione: Albertoni e Vanneschi si sono poi costituiti nel pomeriggio al carcere di Arezzo.

Il regime di semilibertà è una misura alternativa che prevede il lavoro esterno al carcere e la possibilità anche di soste a casa, secondo un programma da stabilire, con rientro in carcere per la notte. Riguardo ad Albertoni e Vanneschi, nell'udienza davanti al tribunale di sorveglianza, il pg aveva chiesto il rigetto delle misure alternative, le difese di entrambi i condannati quella invece dell'affidamento ai servizi sociali. Il tribunale ha poi deciso per la detenzione in regime di semilibertà.

La vicenda - Albertoni e Vanneschi, residenti a Castiglion Fibocchi (Arezzo), erano in vacanza nello stesso albergo di Palma di Maiorca dove la studentessa genovese alloggiava con alcune amiche. Martina Rossi morì a 20 anni il 3 agosto 2011, precipitando dalla terrazza di una camera d'albergo, volendo sfuggire ai due.

La Cassazione condannò Albertoni e Vanneschi spiegando in sentenza che "l'unica verità processuale che risulta trovare conferma nella valutazione dei molteplici indizi esaminati risulta essere quella del tentativo di violenza sessuale". Le loro difese invece hanno sempre sostenuto che Martina si sia suicidata, richiamandosi in particolare alla testimonianza di una cameriera spagnola, unica testimone oculare, che riferì di aver visto la ragazza cadere dopo aver "preso lo slancio".

Un racconto non seguito dai giudici di merito e neppure dalla Cassazione ritenendo "ineccepibile" la valutazione dei giudici laddove mette in discussione la percezione della teste a causa del suo punto di osservazione, laterale e non di fronte al balcone da cui Martina precipitò.

Le modalità della caduta, definita 'a candela' dai consulenti, "collidono secondo la corte fiorentina" con quanto riferito dalla cameriera. Uno snodo processuale importante accanto alle ricostruzioni che hanno evidenziato come la ragazza cadde nel vuoto proprio mentre cercava di scappare dall'aggressione da parte dei due aretini incontrati nell'hotel.

La costituzione in carcere di Albertoni e Vanneschi dà sfogo, peraltro, alle preoccupazioni del padre di Martina, Bruno Rossi, che nel marzo scorso ebbe modo di lamentarsi pubblicamente del fatto che la condanna, a distanza di mesi, non fosse ancora eseguita. "A sei mesi dalla sentenza della Cassazione ancora la pena non è andata in esecuzione - denunciò, - perché la richiesta di affidamento in prova giace in un cassetto, i tempi sono troppo lenti".

E gli stessi genitori di Martina circa un mese fa intervennero col loro avvocato Luca Fanfani segnalando l'inopportunità di assegnare ad Albertoni una benemerenza sportiva del Coni per precedenti meriti sportivi nel motocross. Il Coni fece verifiche e revocò il riconoscimento. 

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