il processo inizierà ad aprile

Caso Scieri: due rinvii a giudizio e tre assoluzioni per la morte del parà

Il militare della Folgore perse la vita nel 1999 in circostanze non chiare. Secondo la procura, in caserma vi fu un episodio di nonnismo

29 Nov 2021 - 12:39
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Nell'udienza preliminare del processo per la morte di Emanuele Scieri, il parà della Folgore deceduto in circostanze non chiare a Pisa il 13 agosto 1999, il gup ha disposto il non luogo a procedere per tre indagati e il rinvio a giudizio per altri due. Dall'inchiesta escono Andrea Antico, Enrico Celentano e Salvatore Romondia; al processo ad aprile andranno i due ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara, accusati di omicidio.

Sono stati giudicati in rito abbreviato il sottufficiale dell'esercito Andrea Antico, accusato di omicidio, e l'ex comandante della Folgore Enrico Celentano e l'ex ufficiale di stato maggiore, Salvatore Romondia, questi due accusati di favoreggiamento. Mentre gli altri due imputati, gli ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara, hanno scelto il rito ordinario e saranno processati davanti alla corte di assise di Pisa la prossima primavera.

La procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per Panella e Zabara e le condanne degli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. "Aspettiamo le motivazione della sentenza - spiega il procuratore della Repubblica Alessandro Crini - e alla fine valuteremo se e come procedere con il ricorso".

"Abbiamo investito tempo e risorse in questo processo - prosegue Crini - e pur mantenendo il massimo rispetto nella funzione del giudice vogliamo capire quali sono state le sue argomentazioni che lo hanno portato ad arrivare a conclusioni diverse dalle nostre e solo dopo averle lette decideremo come muoverci. Abbiamo sentito centinaia di testi e riesumato anche la salma di Emanuele Scieri. Siamo convinti che questa sia solo una tappa di questa vicenda molto complessa e per la quale si arriva a un giudizio 22 anni dopo i fatti".

Il fratello di Emanuele: "Delusi ma continuiamo a cercare verità" "Siamo delusi della sentenza, anche se continueremo a batterci per scrivere la verità sulla morte di Emanuele". Lo dice Francesco Scieri. "Il pronunciamento del gup - ha spiegato Scieri - sembra smontare anche le conclusioni della  commissione parlamentare sul ruolo del presunto favoreggiamento dei due ufficiali. Ma resto convinto che loro, in questa vicenda, un ruolo lo abbiano avuto e, anzi, è inimmaginabile che non ce lo abbiano avuto. Ma ciò che fa più male è che i tre imputati per un fatto così grave" come l'uccisione del fratello "possano farla franca". 

La sentenza, commentato Carlo Garozzo, presidente dell'associazione Giustizia per Lele, fondata dagli amici di Scieri, "ci lascia l'amaro in bocca ma siamo abituati agli schiaffi e le nostre guance sono rosse da anni per i colpi presi". Però, aggiunge, "un tribunale finalmente suggella almeno un  fatto incontrovertibile: Emanuele non era un folle suicida ma qualcuno lo ha ammazzato e ora un processo accerterà questa verità che per troppi anni hanno provato a negarci". "Speravamo che potesse rispondere della sua morte - conclude - anche tutta la catena di comando, ma per ora così non è. Noi continueremo a batterci per dare giustizia a Lele".

L'ipotesi del nonnismo Secondo l'accusa, la sera del 13 agosto del 1999 Scieri fu costretto a spogliarsi e obbligato a salire sulla torre di asciugatura. I commilitoni poi avrebbero fatto pressione con gli scarponi sulle nocche delle dita provocando la caduta a terra della recluta.

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