Il fatto nei primi mesi del 2023

Suicidio assistito, altro caso: morto un uomo in Toscana

L'ex primario di Anestesia e Rianimazione dell'Azienda ospedaliera universitaria di Pisa Paolo Malacarne ha spiegato di aver aiutato a morire l'uomo nei primi mesi del 2023 dopo il via libera del sistema sanitario regionale

19 Dic 2023 - 17:38
 © ansa

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Nuovo caso di suicidio assistito, questa volta in Toscana. La notizia è trapelata ora, ma il caso risale ai primi mesi dell'anno ed è avvenuto nel territorio della costa. A rivelare il fatto è stato l'ex primario di Anestesia e Rianimazione dell'Azienda ospedaliera universitaria di Pisa Paolo Malacarne, il quale ha spiegato di aver aiutato a morire un uomo nei primi mesi del 2023 dopo il via libera del sistema sanitario regionale.

Top secret, per motivi di privacy, la condizione del paziente. L'Asl Toscana Nord Ovest, quella che governa il sistema sanitario della costa toscana, ha predisposto un protocollo operativo già nel 2021. Il provvedimento prevede che la richiesta del paziente sia valutata da una commissione composta da un medico palliativista, uno psichiatra (che attraverso un dialogo con il paziente accerti la sua irremovibile volontà e che essa si sia formata liberamente ed autonomamente), uno psicologo, un anestesista rianimatore, un medico specialista nella patologia di cui soffre il richiedente, un medico legale e il medico di famiglia del paziente.

Malacarne ha detto che auspica "una legislazione che supporti la relazione di cura e di fiducia che si instaura tra il medico, il paziente e i suoi familiari, una legislazione 'gentile' che sappia prevedere le diverse tipologie di casi che si presentano e sappia proteggere la relazione di cura". Secondo il medico, "il tema è molto delicato e non può essere affrontato dicendo bianco o nero, anche se ritengo che il Paese sia più pronto ad affrontarlo rispetto al Parlamento dove determinati dogmatismi politici influenzano anche scelte che attengono principalmente all'etica di ciascuno di noi".

Infine, Malacarne ha osservato che la legge nazionale "necessita di paletti precisi che tengano in considerazione aspetti fondamentali e tra questi auspico proprio quello del supporto alla relazione di cura e di fiducia tra medico e paziente: penso, ad esempio, ai casi in cui determinati pazienti, pur se lucidi e consapevoli, non sono in grado di somministrarsi da soli il farmaco letale, né per infusione in vena, né assumendolo per bocca e questa materia ha bisogno di essere normata tenendo conto anche di questi aspetti per non scivolare in aspetti difformi da quelli esplicitati nella sentenza della Corte Costituzionale".

Il tema è stato al centro di un seminario organizzato lunedì a Pisa dalla Scuola Superiore Sant'Anna e al quale ha partecipato da remoto pure Giuliano Amato: "In questa materia - ha detto il presidente emerito della Corte Costituzionale - vediamo nettamente la contrapposizione fra l'autodeterminazione e il vedere la vita come un dono: questo genera un impasse, che vediamo riflesso anche nel blocco del Parlamento, che non riesce a decidere. La Consulta, nel 2019, ha constatato che in determinate circostanze la vita non è ritenuta degna di essere vissuta da chi la sta vivendo e che non ci sono speranze che possano esserci giorni migliori. Si tratta di sofferenza senza luce".

Secondo il costituzionalista della Sant'Anna, Emanuele Rossi, tuttavia, "l'amministrazione statale dovrebbe avere delle coordinate d'azione uniformi su tutto il territorio nazionale, dettate dal legislatore e invece siamo in una situazione particolarmente delicata: la Corte costituzionale ha depenalizzato, in particolari circostanze, il reato di aiuto al suicidio, ma il Parlamento non è ancora intervenuto". Rossi ha poi osservato che "i comitati etici delle singole Asl sono chiamati a costruire una cintura di protezione per persone in condizioni di particolare vulnerabilità".

Il caso a Trieste - Rispetto al recente caso in Friuli Venezia Giulia, la differenza sta nel fatto che mentre l'Asl triestina ha messo a disposizione della donna il farmaco e i macchinari necessari al suicidio, quella toscana non lo ha fatto "perché - spiega Malacarne - non è specificato nelle linee guide" dell'Asl Nord Ovest. Sarebbe stata la famiglia a procurare il necessario e portarlo nella casa dell'uomo. C'è stato poi l'intervento di Malacarne, che ha assistito il malato fino alla fine.

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