La pena più alta inflitta dalla Corte d'assise di Firenze per la morte di Duccio Dini,è di 25 anni e 2 mesi di reclusione
La Corte d'assise di Firenze ha inflitto cinque condanne per la morte di Duccio Dini, il 29enne travolto da un'auto impegnata in un inseguimento tra cittadini nomadi il 10 giugno 2018 a Firenze. La pena più alta è di 25 anni e 2 mesi di reclusione. Assolti altri due imputati. Il pm aveva chiesto la condanna di tutti e sette gli imputati, con pene da 22 a 9 anni di reclusione.
"Se uno compie un reato deve pagare per quello che ha fatto" ha commentato il padre di Duccio, Luca Dini, uscendo dall'aula. A favore della famiglia, parte civile nel processo, i giudici hanno stabilito una provvisionale per un ammontare complessivo di 500mila euro. Riconosciuti risarcimenti anche alle altre parti civili, tra cui il Comune di Firenze.
Subito dopo la lettura della sentenza, il sindaco Dario Nardella ha telefonato al padre di Duccio. Poi su Fb ha detto: "Non ho l'abitudine di commentare le sentenze, ma questo è un risultato che rafforza la nostra fiducia nella giustizia. Anche se non serve a lenire il dolore, è stata fatta giustizia". La sentenza pronunciata dalla corte di assise è arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio. Per tutti le accuse erano di omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di Dini e di tentato omicidio di un altro nomade, obiettivo dell'inseguimento legato a un regolamento di conti.
La condanna più pesante per Kjamuran Amet che doveva rispondere anche di tentata violenza privata. Una pena di 25 anni è stata inflitta poi a Remzi Amet, Remzi Mustafa, che era alla guida della Volvo che travolse Dini, Dehran Mustafa e Antonio Mustafa. Assolti Kole Amet ed Emin Gani: si trovavano su un furgoncino che aveva partecipato solo a una fase iniziale dell'inseguimento perché si era poi bucata una ruota. Da quanto ricostruito i nomadi sfrecciavano in auto per le strade di Firenze a oltre 100 km orari. Stavano inseguendo Rufat Bajram, per una lite nata da un giuramento di fedeltà che aveva preteso dalla moglie, nipote di uno degli inseguitori. Quando fu travolto, Duccio stava andando a lavoro.