Il caso

Trento, sì adozione coppia omogenitoriale, papà biologico: "Il sistema legge rifiuta due codici fiscali maschili, cambiamento ancora lontano"

"Adesso inizia una nuova battaglia. Perché nessun software della pubblica amministrazione è organizzato per registrare certificati con i nomi di due uomini", aggiunge

05 Set 2023 - 08:30
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Dopo che il Tribunale per i minorenni di Trento ha riconosciuto l'adozione del suo bambino di poco meno di quattro anni, di cui è padre biologico, da parte del suo compagno, Giuseppe - che soffre di gravi problemi di salute - è più sereno. Anche se - dice in un'intervista a la Repubblica - "adesso inizia una nuova battaglia. Perché nessun software della pubblica amministrazione è organizzato per registrare certificati con i nomi di due uomini. Se il sistema legge, là dove vanno inseriti i dati dei genitori, due codici fiscali maschili, li rifiuta. Il vero cambiamento è ancora lontano". 

Il caso - Il Tribunale per i minorenni di Trento ha riconosciuto l'adozione del bambino da parte del genitore non biologico della coppia omogenitoriale riconosciuta in Canada ma non in Italia. L'istanza è stata avanzata lo scorso marzo a causa di gravi problemi di salute del padre biologico del bambino, nato mediante gestazioni per altri. Nell'arco di quattro mesi, il collegio presieduto dal presidente del Tribunale, Giuseppe Sapadaro, si è espresso favorevolmente all'adozione da parte del genitore sociale. L'istanza era stata valutata positivamente anche dalla Procura dei minorenni di Trento, che però aveva chiesto alla coppia di rinunciare all'istanza di registrazione della doppia paternità. 

"Mentre si capiva via via quanto fosse grave il mio problema, pensavo al bambino, per l'Italia soltanto figlio mio, che se fossi morto sarebbe rimasto orfano perché lo Stato non aveva voluto riconoscere Antonio, l'altro papà. Giorni terribili in cui sentivo quanto fosse forte la discriminazione verso i nostri bambini", spiega Giuseppe.

Così, la coppia ha chiesto la stepchild adoption. "Abbiamo capito che non avevamo più tempo. Io sarei potuto morire anche all'improvviso. Per ottenere un riconoscimento facendo una causa ci possono volere anni. E anche per un'adozione, infatti dopo aver presentato la domanda avevamo comunque cercato di tutelare Giulio con l'aiuto di un notaio", aggiunge il genitore.
 
 

I tempi, invece, sono stati veloci. La malattia è stata presa in considerazione dal collegio incaricato di valutare il caso. "Il nostro avvocato, Michele Giarratano, presentando la domanda di adozione, aveva naturalmente mostrato tutte le mie cartelle cliniche per sottolineare la gravità della mia condizione. Tenerne conto, nel nostro caso, è stata la scelta giusta di un collegio che ha pensato al migliore interesse del minore. Non era scontato. Ci sono tribunali che, anche di fronte a situazioni gravissime, impiegano tre o quattro anni per una sentenza di adozione", prosegue Giuseppe.

L'uomo racconta poi come si è svolto il tutto: "Abbiamo incontrato i servizi sociali, sono state ascoltate le maestre di Giulio. Tutto con estrema delicatezza. La loro filosofia è stata chiara fin dall’inizio: noi non eravamo un nucleo affettivo da mettere in discussione, piuttosto si doveva cercare la soluzione migliore nel superiore interesse del minore".  

"È incredibile. Quando la giustizia funziona diventa un caso. Ma non può essere questione di fortuna incontrare giudici che fanno gli interessi dei bambini. Ci vuole una legge che tuteli tutti i nostri figli. Perché non dimentichiamo che mio figlio per 4 anni è stato privato del diritto di avere un padre, nonostante ci fosse anche il nome di mio marito sul suo certificato di nascita. Quei giorni di angoscia in ospedale poi, nel timore di lasciarlo senza famiglia, non me li restituirà nessuno", conclude l'uomo.

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