Finte cremazioni, bare e resti umani trovati in un capannone in Trentino
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L'obiettivo era duplice: oltre a ricavare dalle casse funebri lo zinco e l'ottone, avevano un vantaggio economico grazie ai minori costi di cremazione (che si paga a peso), stimato in circa 400 euro a salma
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Separavano i cadaveri dalle bare e mettevano i resti in sacchi di nylon, poi riposti in scatole di cartone che, una volta sigillate, venivano inviate al forno crematorio. L'obiettivo era duplice: oltre a ricavare dalle casse funebri lo zinco e l'ottone, avevano costi minori per le cremazioni (che si pagano a peso). Succedeva in un capannone degli orrori di Scurelle, nell'Alta Valsugana, scoperto dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Trento.
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All'interno del capannone, i militari hanno trovato, in una condizione di generale degrado, accatastate una sopra l'altra 24 bare contenenti le spoglie di defunti provenienti da differenti aree cimiteriali del Veneto mentre altre tre casse in zinco si trovavano aperte sul pavimento. Uno scenario horror con a terra resti di corpi umani, ossa accumulate alla rinfusa, materiale edili accatastati, montagne di sacchetti di nylon. I resti delle persone erano state, dunque, tolte dalle bare e dai loculi con un metodo collaudata.
Dalle indagini dei carabinieri è quindi emerso che una cooperativa sociale della Valsugana, autorizzata al trasporto dei defunti, anziché portare come previsto le salme dai cimiteri ai forni crematori, le depositava nel capannone di Scurelle dove provvedeva a separare le spoglie dei defunti dalla casse funebri in legno e zinco, ricollocandole quindi in sacchi di nylon. Le casse, dopo essere state sezionate e separate dalle parti metalliche, venivano avviate a smaltimento in centri della zona.
Questa modalità di gestione avrebbe garantito alla cooperativa dell'alta Valsugana un vantaggio economico dovuto ai minori costi di cremazione, stimato in circa 400 euro a salma. Tali operazioni andavano avanti da tempo: al vaglio degli inquirenti, infatti, è finita la documentazione amministrativa-ambientale acquisita nel corso delle attività, dalla quale al primo esame si ritiene che negli ultimi mesi siano transitate dal capannone di Scurelle più di 300 salme. Gli inquirenti non escludono che si lucrasse sul recupero dello zinco.
La scoperta è avvenuta dopo una segnalazione arrivata alla polizia locale. Gli agenti, dopo aver notato che all'interno del capannone, apparentemente in stato di abbandono, si trovavano delle persone intente a lavorare, non in grado di fornire adeguate spiegazioni sull'attività svolta, hanno allertato i carabinieri. Dall'interno dello stabile provenivano anche odori sgradevoli. I militari sono intervenuti e hanno verificato subito che dentro il capannone c'erano delle salme umane e hanno richiesto l'intervento di personale dell'Ufficio di Igiene e sanità pubblica provinciale. Insieme sono entrati nel capannone trovandosi davanti uno scenario macabro e inquietante. La struttura è stata sequestrata e la procura di Trento per vilipendio di cadavere e gestione illecita di rifiuti.