Sara Pedri aveva annunciato le dimissioni in una mail inviata al primario dell'unità, Saverio Tateo, che lei chiama "sovrano illuminato". Il primario di ginecologia verrà trasferito
Emergono ulteriori dettagli sul caso Sara Pedri, la ginecologa forlivese di cui non si sa più nulla dal 4 marzo scorso subito dopo il trasferimento dall'ospedale Santa Chiara di Trento. Dettagli che portano a collegare la sua scomparsa con il reparto di Ginecologia e Ostetricia in cui lavorava. In alcune lettere recuperate dai carabinieri nella casa in cui viveva a Cles il suo turbamento è tangibile: "L'esperienza a Trento doveva essere formativa, ma ha generato in me un profondo stato d'ansia", scriveva Sara. Delusione che l'ha portata a dare le dimissioni, i cui motivi sono racchiusi in una mail inviata al primario dell'unità, Saverio Tateo, che lei chiama "sovrano illuminato". Sulla correlazione tra le presunte condizioni lavorative e la scomparsa, la sorella di Sara non ha dubbi: "Umiliata in ospedale. Mi diceva: spero proprio di non svegliarmi più", afferma.
Il caso - Sara era arrivata all'ospedale di Trento a novembre per poi dare le dimissioni dall'azienda sanitaria pochi mesi dopo. La mail con cui, alcuni giorni prima di lasciare l’incarico, ha comunicato al suo responsabile le sue motivazioni è finita agli atti degli ispettori ministeriali e al vaglio della procura. Quattro mesi fa, poi, Sara è scomparsa e la sua auto è stata ritrovata nei pressi del Ponte di Mostizzolo, vicino a Cles. Una zona tristemente nota per l'alto numero di persone che la sceglie per togliersi la vita.
Le lettere - "L'esperienza a Trento doveva essere formativa, ma ha generato in me un profondo stato d'ansia, a causa del quale sono completamente bloccata e non posso proseguire - scriveva Sara, per poi parlare di "aspettative deluse", come riporta il Corriere della Sera, che cita il settimanale Giallo - Non ho mai detto no, nonostante i molteplici imprevisti e i progetti incivili. È una situazione più grande di me. Con la fretta e la frenesia non si impara, i risultati ottenuti sono solo terrore (...). So che mi comprometto, ma ho bisogno di aiuto".
La 31enne aveva anche cominciato a dubitare della sua bravura. "La vita da ospedaliero non sarà per tutti e ne prendo atto, ma io sono stata sfortunata a causa delle contingenze». Lo stress aveva portato la giovane anche al dimagrimento.
Trasferito il primario di ginecologia dell'ospedale di Trento - Intanto il primario del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale S.Chiara di Trento, Saverio Tateo, verrà trasferito a un'altra unità operativa a partire da lunedì. Lo ha deciso la stessa Azienda provinciale per i servizi sanitaria al termine dell'analisi della documentazione e delle testimonianze di oltre di 110 persone sentite dalla commissione interna di indagine istituita dopo la scomparsa della ginecologa.
La sorella: "Umiliata" - In un'intervista al Messaggero, la sorella della giovane, Emanuela, racconta: "Nell'ultimo mese, mi diceva che sarebbe stato meglio se una mattina non si fosse svegliata. Già prima mi parlava di aggressioni verbali. Erano urla se si usava uno strumento in modo un po' diverso, pure se lavoravi bene. Era discriminata anche perché si era formata a Catanzaro, al Sud. Non contestiamo la professionalità delle persone, ma la gestione delle risorse umane. Era un ambiente punitivo. Una volta, in sala operatoria, davanti alla paziente, una ginecologa le diede uno schiaffo sulle mani, le disse di togliersi il camice e che era un'incapace. Si sentì umiliata. Era dicembre e da lì tutto è precipitato. Temeva di essere licenziata, pensava che nessuno la avrebbe più assunta, ma aveva anche il terrore di andare a lavorare. Aveva le palpitazioni. Aveva perso sette chili. Non dormiva più, mangiava poco, aveva l'orticaria. Tutti sintomi del burnout. In ospedale, però, chi avrebbe potuto vederli, non lo ha fatto".
"Aveva il viso scavato, lo sguardo spento, si mangiava le unghie fino alla pelle. Il medico di base le ha fatto un certificato per calo ponderale per stress lavorativo. Avrebbe voluto darle quindici giorni, ma lei ha accettato solo una settimana, aveva paura che non la avrebbero più fatta lavorare. Dopo la settimana, non era più nei turni, il primario le ha proposto Cles, che avrebbe aperto solo a maggio, Sara lo ha visto come un demansionamento. Faceva turni anche di dodici ore. Aveva un forte senso del dovere, era molto rispettosa della divisa, non si lamentava, dava il massimo e continuava ad alzare l'asticella. Credeva che fosse sua la colpa di ciò che accadeva", aggiunge la sorella di Sara, che chiede "una presa di posizione dell'azienda ospedaliera. Spero che la verità venga fuori e che si faccia qualcosa per chi lavora in quell' ospedale. Confido nella magistratura. Sono credente, ho fede nella giustizia divina, so che ci sarà, ma vorrei anche quella terrena. Ci sono tante risposte da dare".
Intanto, si indaga per capire cosa sia accaduto quel giorno. L'azienda sanitaria provinciale ha dichiarato conclusi i lavori della commissione d'inchiesta interna. A rendere ancora più complicato il caso, ci sono state, inoltre, le dimissioni da parte del direttore generale dell'azienda sanitaria, Pier Paolo Benetollo alla vigilia dell’arrivo degli ispettori del ministero della Salute.