Il gruppo, composto da bengalesi ed egiziani, ha fatto ritorno nel nostro Paese con la nave Visalli, arrivata nella notte nel porto di Brindisi. L'Anm: "Norma incompatibile con il diritto europeo, i giudici fanno il loro dovere"
La Sezione immigrazione del Tribunale di Roma ha rimesso il caso dei migranti trattenuti nel centro in Albania alla Corte di Giustizia europea, sospendendo il provvedimento di convalida del trattenimento. La decisione riguarda sette migranti, egiziani e bengalesi che hanno fatto ritorno nel nostro Paese con la nave Visalli della Guardia costiera, arrivata nella notte nel porto di Brindisi. L'Anm: "Norma incompatibile con il diritto europeo, i giudici fanno il loro dovere". Il Viminale si costituirà davanti alla Corte di giustizia Ue, per sostenere le sue ragioni dopo le decisioni dei giudici di Roma.
Una volta sbarcati a Brindisi, i 7 sono stati accompagnati a bordo in un pulmino in una struttura per richiedenti asilo. Qui saranno sottoposti all'iter ordinario di esame della domanda. La logistica del trasferimento era stata organizzata in adeguato anticipo; segno che da parte delle autorità italiane era attesa la notizia.
Il testo del provvedimento della XVIII Sezione immigrazione del Tribunale di Roma "rimette il caso alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi del art. 267 TFUE" e "sospende il presente giudizio di convalida del fermo restando gli effetti del trattenimento provvisorio disposto dall'amministrazione per legge". Il riferimento, nello specifico, è all'articolo 6 del decreto 142/2015 e all'articolo del Protocollo Albania.
"Deve evidenziarsi che i criteri per la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro sono stabiliti dal diritto dell'Unione europea. Pertanto, ferme le prerogative del legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre e in concreto - come in qualunque altro settore dell'ordinamento - la corretta applicazione del diritto dell'Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana", si legge in una nota del tribunale di Roma.
La procedura di convalida, nei fatti, è stata sospesa perché - si spiega in una ordinanza di quasi 50 pagine - serve attendere la decisione della Corte di giustizia europea sui quesiti pregiudiziali proposti in merito anche all'ultimo decreto sui cosiddetti "Paesi sicuri". Anche nelle scorse settimane i giudici della sezione specializzata in materia di immigrazione del tribunale capitolino non avevano convalidato i trattenimenti, emessi dalla questura di Roma, per i primi migranti che erano stati portati all'interno del centro di permanenza per il rimpatrio, che è stato allestito in Albania. Quell'ordinanza era stata impugnata dal Viminale con un ricorso in Cassazione.
"Il rinvio pregiudiziale è stato scelto come strumento più idoneo per chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale emersi a seguito delle norme introdotte dal citato decreto legge, che ha adottato una interpretazione del diritto dell'Unione europea e della sentenza della CGUE del 4 ottobre 2024 divergente da quella seguita da questo Tribunale - nel quadro della previgente diversa normativa nazionale - nei precedenti procedimenti di convalida delle persone condotte in Albania e ivi trattenute".
Insomma - si aggiunge - "tale scelta è stata preferita a una decisione di autonoma conferma da parte del Tribunale della propria interpretazione, per le ragioni diffusamente evidenziate nelle ordinanze di rinvio pregiudiziale". Proprio perché, come detto, "deve evidenziarsi che i criteri per la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro sono stabiliti dal diritto dell'Unione europea".
E "pertanto, ferme le prerogative del Legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre e in concreto - come in qualunque altro settore dell'ordinamento - la corretta applicazione del diritto dell'Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana. Deve essere inoltre chiaro che la designazione di Paese di origine sicuro è rilevante solo per l'individuazione delle procedure da applicare; l'esclusione di uno Stato dal novero dei Paesi di origine sicuri non impedisce il rimpatrio e/o l'espulsione della persona migrante la cui domanda di asilo sia stata respinta o che comunque sia priva dei requisiti di legge per restare in Italia".
"In una democrazia c'è la tripartizione dei poteri. Quando uno di questi poteri scavalca i propri confini mette in difficoltà la democrazia". Lo ha detto Antonio Tajani. Secondo il ministro degli Esteri, "i sono alcuni magistrati che stanno cercando di imporre la loro linea politica al governo. Questo non è accettabile. Io rispetto tutte le decisioni della magistratura, non faccio polemica e non offendo nessuno, dico soltanto che è una scelta che va contro la tripartizione dei poteri. Non è un magistrato che decide qual è un Paese sicuro perché non lo sa. Perché non si occupa di queste cose. Se il governo che ha gli strumenti per farlo dice che un Paese è sicuro, allora c'è qualcosa che non funziona".
Il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, ha commentato: "Un'altra sentenza politica non contro il governo, ma contro gli italiani e la loro sicurezza. Governo e Parlamento hanno il diritto di reagire per proteggere i cittadini, e lo faranno. Sempre che qualche altro magistrato, nel frattempo, non mi condanni a sei anni di galera per aver difeso i confini…".
Sul caso è intervenuto nuovamente l'Anm. "Di fronte alle nuove polemiche innescate dalle ultime decisioni dei giudici romani, mi preme solo ricordare che la primazia del diritto dell'Unione europea è l'architrave su cui poggia la comunità delle corti nazionali e impone al giudice, quando ritenga la normativa interna incompatibile con quella dell'Unione, di applicare quest'ultima o, in caso di dubbio, di sollevare rinvio pregiudiziale, cosa che è stato fatto in questo caso dal tribunale di Roma", ha detto il segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati Salvatore Casciaro. "Non ci si può quindi lamentare del fatto che i giudici fanno il loro dovere né dare loro la colpa di inciampi nel perseguimento di politiche migratorie che spetta ovviamente al governo decidere ma che non possono prescindere del quadro normativo europeo e sovranazionale nel quale si collocano", ha concluso Casciaro.