Parla a Tgcom24 un'ex poliziotta che collabora con Acta, l'associazione che aiuta le vittime: "Un fenomeno gestito dalla mafia"
di Tamara Ferrari© istockphoto
“Il primo errore che commettono le vittime di truffe affettive è pensare che stiano chattando con una sola persona. Spesso, a rispondere ai messaggi sono soggetti diversi, che lo fanno per lavoro. Abbiamo accertato che, per ogni vittima, dall’altro lato del filo c’è uno staff di almeno sei persone”. Liliana Ferrari è un'agente della polizia municipale di Modena in pensione. Da anni studia le tecniche utilizzate dai truffatori per attirare le vittime, plagiarle e indurle a consegnare loro i propri soldi. Collabora con Acta, l’associazione in prima linea contro il cybercrime e le truffe affettive.
“Da tempo", spiega, "assistiamo a un nuovo modus operandi dei truffatori, che hanno ampliato il bacino di potenziali vittime allargando la loro attività anche alle truffe finanziarie. Convincono le vittime a fare investimenti in rete. Il fenomeno è gestito dalle mafie internazionali, che investono i proventi in altre attività criminose".
Quali associazioni mafiose sono più coinvolte?
“Sicuramente la mafia nigeriana. Poi, come sempre accade, queste organizzazioni criminali fanno accordi con le mafie dei Paesi in cui operano, quindi anche con mafia, ‘ndrangheta e camorra”.
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Come sono organizzati questi gruppi criminali?
“C'è ovviamente una gerarchia e c’è chi fa da manodopera. Quest’ultima non è neanche tanto preparata. Parliamo delle persone che fanno quella che noi chiamiamo ‘pesca a strascico’, cioè l’aggancio delle vittime. Inviano messaggi a una miriade di persone sui social o su altri siti internet e aspettano che qualcuno abbocchi all’amo. In questa fase la potenziale vittima non è ancora stata ‘attenzionata’ e ‘studiata’. Nel momento in cui risponde al messaggio ricevuto, viene subito attenzionata e le sue abitudini studiate. La situazione diventa subito pericolosa”.
Anche se si risponde solo per cortesia o curiosità?
“Sì, perché appena ricevono la risposta, inizia un lavoro di gruppo sulla potenziale vittima. I truffatori studiano abitudini, interessi, punti deboli e punti di forza. Tutte informazioni reperibili sui social network. Ecco perché molte vittime poi raccontano di essere subito entrate in sintonia con il truffatore, che avevano interessi in comune, o che la sua data di nascita era la stessa di un loro figlio, e così via”.
Quindi, i truffatori sanno tutto sulla potenziale vittima?
"Ormai le nostre vite sono online. Queste bande, poi, possono contare sull’aiuto di sociologi, psicologi ed esperti che aiutano a valutare il profilo della potenziale vittima e plagiarla. Ecco perché, per quanto ci riguarda, è sbagliato pensare che a cadere in queste trappole siano solo persone fragili o che stanno vivendo un periodo difficile. Chiunque può diventare una vittima, anche perché questi gruppi fanno leva sui buoni sentimenti della gente, sulla propensione ad aiutare l’altro”.
Però quando si è fragili si hanno meno freni inibitori.
“Ma questo accade anche quando si è particolarmente felici. Non a caso molte vittime raccontano di essere cadute in trappola in un momento particolarmente soddisfacente della loro vita. Inoltre, è anche sbagliato parlare di truffe d’amore, perché in molti casi l’innamoramento non c’entra proprio niente”.
E’ vero che questi truffatori la fanno sempre franca?
“Le indagini non sono semplici, poiché nella maggior parte dei casi i truffatori vivono all’estero ed è difficile intercettarli o fare indagini nei Paesi dove sono dislocati. Spesso vengono arrestati durante indagini sul riciclaggio di denaro sporco. Ma abbiamo avuto anche diverse operazioni in Italia concluse con l’arresto di decine di persone”.
E’ vero che vengono usate foto rubate online per costruire le identità con le quali agganciano le vittime?
“Esiste un vero e proprio mercato in proposito. Gruppi di criminali che vendono pacchetti di fotografie e schedari, i follower da assegnare ai vari profili che vengono creati e così via. Poi ci sono professionisti che praticamente ‘scrivono’ i copioni della truffa e i personaggi: il soldato di stanza in Siria o in Ucraina, il medico che lavora all’estero, e così via. Di ogni vittima conservano tutti i dati e i numeri di telefono. Spesso i truffati vengono ricontattati anche dopo anni e, magari, minacciati di morte se non pagano. Ecco perché è importante sempre sporgere denuncia e chiedere aiuto ad associazioni come Acta. Meglio non restare soli in balia di gruppi criminali”.