Parla a Tgcom24 il generale dell'Esercito, Gerardino De Meo, ex comandante del bunker antiatomico più grande d'Italia: "Per farmi cadere nella trappola sono bastati tre like su un social network. Ecco come agiscono i truffatori online"
di Tamara Ferrari© Tgcom24
“Non avrei mai immaginato di poter rimanere vittima di una truffa affettiva. Invece, ho perso 230mila euro. Per farmi cadere in trappola sono bastati tre like su un social network”. A parlare a Tgcom24 è il generale in pensione Gerardino De Meo, ex comandante di un distaccamento della Nato di Verona e di "West Star", il bunker antiatomico più grande d'Italia.
La sua esperienza, anche nel settore dell'intelligence militare, non è bastata a proteggerlo da un fenomeno in crescita in tutto il mondo e che frutta ogni anno, secondo una stima fatta negli Usa, circa un miliardo e mezzo di dollari. “Di solito, quando accadono queste cose sentiamo dire che le vittime sono fragili, depresse, bisognose di affetto. Non è vero: io ero all'apice della felicità”, racconta, “ho deciso di raccontare la mia storia per mettere in guardia le persone. Dopo quello che mi è accaduto, ho già aiutato centinaia di vittime”.
Che cosa le è successo?
“Premetto che sono sposato, ho un matrimonio felice, due figli e non cercavo avventure. Dal punto di vista economico stavo benissimo. Ho anche mille interessi. Sono una persona curiosa, mi piace allargare le mie amicizie. Tutto è iniziato un giorno che ero solo a casa perché mia moglie era andata in un'altra città a casa di mia figlia, che aveva partorito. Ho notato sui social tre like lasciati sotto alcuni miei post da una imprenditrice cinese. Mi sono chiesto chi fosse. Sul suo profilo c'era scritto che viveva in Germania. Poiché ho viaggiato spesso in quel Paese, dove ho molti amici, ho pensato che si trattasse di una persona conosciuta lì e della quale non mi ricordavo. Oggi so che quel profilo Facebook era falso: dietro queste persone si nascondono organizzazioni criminali specializzate in questo tipo di truffa. Le ho scritto in privato per capire se davvero ci fossimo già incontrati”.
Che cosa le ha risposto?
“Amy Huang, così diceva di chiamarsi, mi ha scritto che aveva trent'anni, era proprietaria di una ditta di mobili e che ora viveva a Graz, in Austria, a casa di una zia impiegata presso l'ambasciata cinese di Vienna. Ho fatto una ricerca su Internet e ho effettivamente trovato il sito dell'azienda che diceva di dirigere. Probabilmente era falso: questi gruppi criminali creano finte pagine web per rendere tutto credibile. Abbiamo iniziato a chattare su WhatsApp. Infatti, dopo una settimana si è cancellata dal social network. Mi ha spiegato che diversi uomini la importunavano con richieste di amicizia. In realtà, voleva solo limitare le mie possibilità di risalire a chi ci fosse dietro di lei”.
Che cosa le scriveva?
"All'inizio ho avuto la sensazione che ci stesse provando con me, perché faceva allusioni. Le ho spiegato che ero sposato e che non ero in cerca di avventure. Ha smesso. Poi ha iniziato a mandarmi foto dove appariva con i suoi genitori, i suoi amici e durante incontri aziendali. Mi ha inviato la sua data di nascita: con sorpresa ho notato che era nata lo stesso giorno e lo stesso mese di mia figlia. Non so dove abbiano recuperato queste informazioni, mia figlia non ha un profilo sui social network. Così facendo, però, ha stimolato il mio affetto paterno. Ogni tanto, durante le nostre conversazioni su WhatsApp, accennava ad alcuni investimenti proficui che aveva fatto. Ho sempre lasciato cadere il discorso. Finché un giorno non mi ha proposto un piccolo investimento di mille euro. Essendo la cifra relativamente modesta, ed essendo io curioso, mi sono detto: 'Perché no? Vediamo dove vuole arrivare'. Non lo avessi mai fatto”.
In che cosa consisteva l'investimento?
"Ormai eravamo amici e si era creato un clima di reciproca confidenza. Ci scrivevamo ogni giorno. Ogni volta che mi diceva qualcosa, trovavo riscontro su Internet. Così ha catturato la mia fiducia. L'investimento consisteva nell'inviare denaro, sotto forma di criptovaluta, su una piattaforma dove sarebbe aumentato grazie a bonus di benvenuto e mensili, e anche attraverso una forma strana di investimento che a me sembrava una mera slot machine, ma che lei definiva trading. La piattaforma si chiamava thefutureguard.com. Anche questa volta si trattava di un fake, con un sito estremamente elaborato e per alcuni versi simile a quelli reali. La sedicente Amy Huang mi ha fatto aprire prima un conto corrente online su una piattaforma di exchange che esiste davvero, in modo da poter operare in Europa, e poi su questa piattaforma che mi hanno fatto credere fosse basata negli Emirati Arabi Uniti. Per entrambi avevo una id e una password scelti da me. Dopo l'investimento di mille euro, ho ricevuto degli interessi. Così mi hanno fatto credere che fosse tutto vero e sono stato spinto a investire sempre di più. Finché non mi sono ritrovato al punto da dover raggiungere l'obiettivo di 300mila dollari in criptovalute di capitale investito per poter prelevare gli interessi, che erano di gran lunga superiori alla cifra depositata”.
Come ha scoperto che era una truffa?
“La notte che dovevo finalmente ritirare il capitale e gli interessi, il customer service della piattaforma mi ha comunicato che per riscattarli avrei dovuto pagare 42mila dollari agli Emirati Arabi Uniti. Mi è crollato il mondo addosso, perché avevo già investito 230mila euro e non avevo più fondi a disposizione. Lì per lì ho pensato di chiede un finanziamento. Per fortuna, quella notte mio figlio mi ha aperto gli occhi: “Papà, non vedi che è una truffa?”. E qui è successo qualcosa di incredibile”.
Che cosa?
“La cinese mi ha minacciato. Poiché durante la fase dell'investimento mi aveva fatto credere di avermi prestato dei soldi, pretendeva di riaverli indietro, altrimenti mi avrebbe denunciato. Mio figlio mi ha consigliato di mandarla a quel paese. Io, in quel momento, ero troppo devastato per essere lucido, non riuscivo a credere di essere stato truffato. Qualche settimana dopo, grazie a un articolo on-line sono venuto a conoscenza di Acta, l'associazione che aiuta le vittime di truffe affettive, e ho deciso subito di mettere a loro disposizione tutto il mio trascorso di analista di intelligence militare per combattere questo fenomeno”.
Come si fa a proteggersi da questi truffatori?
“Sento dire spesso in tv che la richiesta di soldi deve essere il campanello d'allarme. Ma come si fa quando uno pensa di fare un semplice investimento? Bisognerebbe allarmarsi prima di instaurare un clima di fiducia con il personaggio conosciuto online. Si vive una sorte di ipnosi e ci si sente al settimo cielo a relazionarsi quotidianamente con una persona che crediamo essere reale. Ma, quando questa si è impossessata del nostro subconscio, può farci fare quello che vuole, anche cose che normalmente non faremmo mai. Essere informati su questa realtà è un altro punto chiave. Se la truffa la conosci, la eviti”.