A Tgcom24 il racconto di una 33enne: "Diceva che era un medico. Mi ha anche convinta che si sarebbe trasferito in Italia per vivere con me"
di Tamara Ferrari© Afp
“Pensavo che una cosa del genere a me non potesse succedere. Invece, ci sono cascata anche io. La persona di cui mi sono innamorata, e che ero convinta di avere sposato, non esiste. Era una truffa, gli ho dato tutto quello che avevo e adesso sono così devastata che ho tentato di uccidermi”. Maria è una infermiera ligure di 33 anni. Il nome è di fantasia: ha chiesto di rimanere anonima poiché sta ancora molto male.
Circa un anno e mezzo fa è stata contattata su Instagram da un finto medico che l'ha fatta innamorare e poi le ha portato via tutti i suoi risparmi. “Non ero più me stessa”, racconta, “sono arrivata al punto da consegnargli tutti i miei stipendi appena li ricevevo, vendere i gioielli che mi avevano regalato i miei nonni e rubare soldi ai miei genitori. Mi comportavo come una drogata. E il bello è che, quando tutto è iniziato, non stavo affatto cercando un nuovo amore: avevo un compagno, convivevamo da anni ed ero felice. Ho perso tutto”.
Una storia iniziata con un like. “Per hobby realizzo portachiavi e piccoli oggetti in legno”, racconta Maria, “avevo pubblicato alcune foto delle mie creazioni, speravo di venderle. Arriva un messaggio da uno sconosciuto: 'È un oggetto bellissimo'. Rispondo per educazione. Inizia una conversazione, prima pubblica e poi in privato. Il mio interlocutore dice di essere un medico americano che lavora per le Nazioni Unite. Vive in Svezia da poco tempo, non conosce nessuno in quel Paese e cerca persone gentili con le quali relazionarsi. Chiarisco subito che sono fidanzata e non cerco avventure. Diventiamo amici, abbiamo tanti interessi in comune: io suono il pianoforte, lui la chitarra. Entrambi adoriamo viaggiare, e il mare”.
Maria non lo sa, ma dietro la figura che l'ha contattata si nasconde un'organizzazione criminale che ha studiato il suo profilo, conosce i suoi interessi e le sue passioni e sa come sfruttarle per farla cadere nella rete. “Dopo un po', il finto medico mi chiede di spostarci su Telegram”, racconta, “ci scriviamo ogni giorno, più volte al giorno, per mesi. Piano piano mi innamoro. E poco importa se non riesco a vederlo, se ogni volta che gli chiedo di fare una videochiamata trova scuse per tirarsi indietro: non ha rete, ha finito il credito sul telefonino, è troppo impegnato perché sta lavorando e così via. Ormai sono come ipnotizzata. E quando lui mi chiede di inviargli i miei dati per sposarci a distanza, io lo faccio. Pochi giorni dopo mi dice che il matrimonio è stato registrato”.
Ora Maria è plagiata. Lascia il suo compagno, si prepara a una vita insieme all'uomo che pensa di avere sposato. “Ha quaranta anni, ma mi dice che può già chiedere il prepensionamento. Così può trasferirsi da me”, racconta, “ma quando arriva il momento di partire, ecco che spunta un problema. Il suo conto è stato bloccato e non riesce a pagare i biglietti dell'aereo”. Iniziano le richieste di denaro. “Prima chiede piccole cifre. Ogni volta c'è un motivo diverso. Io mi sento in colpa, perché sono convinta che abbia lasciato il lavoro per me. Voglio aiutarlo, soprattutto voglio che arrivi in Italia per iniziare la nostra vita insieme”, racconta, “ma i problemi non finiscono mai. E più andiamo avanti, più le richieste di soldi aumentano. Sono arrivata al punto che, il giorno stesso in cui arrivava lo stipendio, glielo inviavo”.
Ora è Maria ad avere problemi economici: “Gli ho dato tutti i miei risparmi, ho venduto i gioielli. Non so più come fare. Rubo ai miei genitori. Sono come in tunnel dal quale non riesco a tirarmi fuori”. L'affetto di una zia è provvidenziale. “Mi vedeva triste e confusa. Le ho raccontato tutto. Mi ha detto: 'Non è normale, potrebbe essere una truffa'. Per settimane non ho voluto crederle”.
La goccia che fa traboccare il vaso: “Stavo malissimo e si avvicinava la data del mio compleanno. Gli ho chiesto: 'Prometti che ci sarai?'. Mi ha risposto: 'Sì'. Invece, è sparito per venti giorni. Impossibile contattarlo. Passata la ricorrenza si è rifatto vivo. Nel frattempo, però, mia zia aveva parlato con i miei genitori e insieme a loro avevamo contattato Acta, un'associazione che aiuta le vittime di truffe affettive. Ho capito di essere anche io una vittima. Prima di denunciare tutto alle forze dell'ordine, gli ho chiesto: 'Sei un truffatore?'. Mi ha insultato. Poi ha minacciato di denunciarmi come truffatrice. Cercava di spaventarmi”.
Maria va dalla polizia. “L'agente al quale mi sono rivolta mi ha risposto che non c'era nessuna truffa, perché i soldi glieli ho inviati di mia spontanea volontà”, racconta, “sono caduta in una profonda depressione. Ancora oggi sto male, ma ho deciso di raccontare la mia storia perché spero che, leggendola, le persone si mettano in guardia. Bisogna sapere che queste truffe esistono, e che di fronte a queste organizzazioni nessuno è immune”.