Il suo primo commento: vorrei trovare la maniera di far capire alla gente che non sono stata io
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Condannata nel 2008 a 16 anni per l'omicidio del figlio Samuele di tre anni, a Cogne il 30 gennaio 2002, Annamaria Franzoni è una donna libera. Nelle scorse settimane, è stata informata dal Tribunale di sorveglianza di Bologna che la sua pena è espiata, con mesi di anticipo rispetto alle previsioni, potendo usufruire di molti giorni di liberazione anticipata per la buona condotta.
Da giugno 2014 era in detenzione domiciliare a Ripoli Santa Cristina, sull'Appennino bolognese.
Franzoni, che si è sempre proclamata innocente, era stata condannata in via definitiva la sera del 21 maggio 2008, quando la Corte di Cassazione confermò la sentenza della Corte di appello di Torino e già quella notte si aprirono per lei le porte del carcere di Bologna. Qui è rimasta fino al 2014, poi per quasi cinque anni è stata ai domiciliari a Ripoli, ma aveva già ottenuto il beneficio del lavoro esterno in una coop sociale e alcuni permessi per stare a casa con i due figli, di cui il minore nato un anno dopo il delitto.
I 16 anni di pena sono stati ridotti a meno di 11 grazie a tre anni di indulto e ai giorni concessi di liberazione anticipata, il cui presupposto è che il detenuto partecipi all'opera di rieducazione e di reinserimento nella società. E' infatti possibile ottenere fino a 45 giorni ogni semestre di detenzione, considerando anche quella domiciliare.
"Non sono stata io - "Da un lato sono contenta, dall'altro vorrei trovare la maniera di far capire alla gente che non sono stata io". Così Annamaria Franzoni avrebbe reagito, parlando con persone a lei vicine del caso che la riguarda, anche dopo la notifica della fine della pena. La donna ha sempre detto di essere innocente per l'omicidio del figlio Samuele e continua a dirlo, parlando con le persone che la circondano nella vita quotidiana.
La vicenda - L'arresto di Annamaria Franzoni scattò il 14 marzo 2002. Un mese e mezzo era passato da quando Samuele, 3 anni, morì nel lettone della casa di Cogne, la testa fracassata da 17 colpi di un'arma che non è mai saltata fuori. Servì un mese e mezzo agli inquirenti per mettere insieme gli elementi: il sangue sul pigiama, le macchie sugli zoccoli, gli otto minuti passati fuori casa per accompagnare l'altro bambino. Ma non furono indizi sufficienti per il Riesame e in un paio di settimane l'avvocato Carlo Federico Grosso ottenne la liberazione.
Il Riesame bis: valido l'ordine di cattura - La Procura fece ricorso in Cassazione e ottenne l'annullamento. Il 19 settembre il Riesame bis stabilì che l'ordine di cattura era valido, gli indizi c'erano, ma la donna attese il processo in libertà. Franzoni, che nel frattempo si era affidata all'avvocato Carlo Taormina, arrivò a processo in primo grado il 19 luglio 2004. Scelse l'abbreviato, il rito sulle carte, e fu sufficiente un'udienza per il verdetto: 30 anni di condanna, decisi dal gup di Aosta. In attesa dell'Appello, la difesa provò varie strategie, tra cui quella di denunciare un vicino di casa; ma le carte arrivarono alla Procura di Torino che ipotizzò un inquinamento della scena del delitto: fu il Cogne-bis.
Appello: pena ridotta a 16 anni - Il processo di secondo grado per l'omicidio partì il 16 novembre 2005, con Taormina che rimise il mandato il 20 novembre 2006. Al suo posto venne chiamato un legale d'ufficio, Paola Savio, che con il collega Lorenzo Imperato tutt'ora assiste Franzoni. La strategia della difesa fu più misurata e nella decisione della Corte di Appello si terrà conto delle attenuanti: la pena fu ridotta a 16 anni, come confermerà la Cassazione.
I permessi respinti - La battaglia allora si spostò alla Sorveglianza, con le richieste di permessi, respinte con l'unica eccezione del funerale del suocero, il 31 agosto 2010. Così come venne rigettato, a settembre 2012, il ricorso per la detenzione domiciliare speciale per assistere il figlio minore. A ottobre 2013, la svolta, con l'ok al lavoro esterno al carcere e i primi permessi.
La perizia e gli arresti domiciliari - Quindi una perizia sostenne che non potrà più commettere il delitto di 12 anni fa. E il ricorso venne accolto con l'autorizzazione a trascorrere l'ultima parte della pena agli arresti domiciliari.
Don Nicolini: "Franzoni ha ricostruito la sua vita" - "Quando c'è un rapporto forte e affettuoso con la famiglia di origine, la persona si reinserisce. E' questo che fa la differenza". Don Giovanni Nicolini, sacerdote bolognese che accolse Annamaria Franzoni a lavorare in una cooperativa sociale quando fu ammessa al lavoro esterno dal carcere, commenta così la notizia della fine della pena per la donna condannata per il delitto di Cogne. "Ormai è un po' che non la vedo, posso dire che siamo buoni amici, a distanza. Lei ha una vita di famiglia" e non va più a lavorare nel laboratorio di sartoria perché "adesso ha ricostruito interamente la sua vita".
Sindaco Cogne: "Indifferenti alla notizia su Franzoni" - "La notizia ci lascia assolutamente indifferenti, è l'ultimo dei nostri pensieri". Questo il commento di Franco Allera, sindaco di Cogne, alla notizia della liberazione di Annamaria Franzoni. "La nostra comunità si è lasciata alle spalle questa vecchia storia", aggiunge Allera.