Processo in Vaticano, il cardinale Becciu condannato per l'acquisto di un palazzo a Londra
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L'ex stretto consigliere del Papa era accusato di peculato, abuso d'ufficio e subornazione di testimone
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Il cardinale Angelo Becciu è stato condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici e 8mila euro di multa. La decisione è stata annunciata dal Tribunale vaticano nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e la compravendita del palazzo Sloane Avenue a Londra, in cui sono coinvolti in tutto 10 imputati. Il Tribunale ha emesso condanne complessivamente per 37 anni e un mese di reclusione: unico imputato assolto è monsignor Mauro Carlino, ex segretario personale di Becciu. Inoltre il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166 milioni di euro complessivi. Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200 milioni di euro.
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Becciu, 75 anni ed ex stretto consigliere del Papa, è il funzionario di più alto rango della Chiesa cattolica a essere comparso davanti al Tribunale penale vaticano. L'accusa aveva chiesto per il porporato sardo sette anni e tre mesi di reclusione. Una pena, anche se inferiore, non certo lieve quella inflitta a Becciu, riconosciuto colpevole di due peculati (per l'investimento iniziale nel Palazzo di Sloane Avenue a Londra e per i 125mila euro inviati alla cooperativa Spes di Ozieri del fratello Antonino) e una truffa aggravata, in concorso con l'asserita esperta di intelligence Cecilia Marogna, perché per il Tribunale i 575 mila euro della Segreteria di Stato inviati alla di lei società slovena Logsic servivano a tutt'altro che alla liberazione della suora colombiana rapita in Mali, come veniva sostenuto. Becciu è stato invece assolto da altri peculati, dall'abuso d'ufficio e dalla subornazione del testimone monsignor Alberto Perlasca. Oltre alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione, gli sono stati comminati anche ottomila euro di multa e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
"Ribadiamo l'innocenza del cardinale e faremo appello". Lo ha dichiarato il difensore di Becciu, avvocato Fabio Viglione, alla lettura della sentenza. "Rispettiamo la sentenza, ma certamente ricorreremo in appello".
Tra i condannati oltre a Becciu, al termine di due anni e mezzo di processo per vicende che, secondo l'accusa, avrebbero comportato perdite per la Santa Sede oltre i 200 milioni di euro, il consulente Enrico Crasso ha avuto 7 anni; il broker Raffaele Mincione cinque anni e 6 mesi; il funzionario vaticano Fabrizio Tirabassi 7 anni e 6 mesi; l'avvocato Nicola Squillace un anno e 10 mesi (sospesi); l'altro broker Gianluigi Torzi 6 anni; Cecilia Marogna 3 anni e 9 mesi. Renè Bruelhart e Tommaso Di Ruzza, ex vertici dell'Aif, hanno avuto solo pene pecuniarie. Inoltre, il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166.000.000 di euro complessivi.
Dei 73 anni e un mese di carcere che aveva chiesto il promotore di giustizia Alessandro Diddi, la Corte, dopo quattro ore e mezza di camera di consiglio, ne ha concessi 37 e un mese. Unico imputato assolto, monsignor Mauro Carlino, ex segretario di Becciu, ex dell'Ufficio amministrativo e ora semplice parroco nella sua Lecce ("verso di lui una gogna mediatica", aveva commentato l'arcivescovo Michele Seccia).
Alla lettura della sentenza il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, ha commentato: "Credo che l'impostazione abbia tenuto e questa per me è la cosa più importante, credo che in questi processi non bisogna mai esultare per il risultato, un pubblico ministero non può essere mai felice per le condanne, quello di cui sono soddisfatto è che il lavoro lungo e meticoloso ha retto nonostante le contestazioni che ci sono state mosse in questi anni, ci è stato detto che siamo degli incompetenti, degli ignoranti, in realtà il risultato ci dà ragione. Adesso sono sereno, dormo tranquillo".
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La sentenza del Tribunale Vaticano presieduto dal giudice Giuseppe Pignatone
"Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, che - come è noto - aveva ad oggetto plurime vicende (distinte, pur se con profili di connessione oggettiva e soggettiva), la principale delle quali è nota con riferimento al palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue".
Il Tribunale "ha ritenuto sussistente il reato di peculato (art. 168 c.p.) in ordine all'uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull'amministrazione dei beni ecclesiastici (ed in particolare del canone 1284 C.I.C.), della somma di 200.500.000 dollari USA, pari a circa un terzo delle disponibilità all'epoca della Segreteria di Stato. Detta somma è stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell'allora Sostituto mons. Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile al dr. Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l'investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione".
"Il Tribunale ha quindi ritenuto colpevoli del reato di peculato mons. Becciu e Raffaele Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonchè, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell'Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso. Quanto all'utilizzo successivo della detta somma, servita - fra l'altro - per l'acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c. p.)".
Nella nota si spiega poi che "ha invece escluso la responsabilità di mons. Becciu, Enrico Crasso e Fabrizio Tirabassi in ordine agli altri reati di peculato loro contestati perché il fatto non sussiste, non avendo piu' la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo. È stata dichiarata poi la colpevolezza di Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio (art. 421-bis c.p.) in relazione all'utilizzo di una ingente somma di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione".
In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo già citato, il Tribunale, si spiega ancora, "ha ritenuto la colpevolezza di Torzi Gianluigi e Squillace Nicola per il reato di truffa aggravata (art. 413 c.p.) e del citato Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Tirabassi Fabrizio (art. 409 c.p.), nonchè per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto.
Torzi, Tirabassi, Crasso e Mincione sono stati invece assolti perché il fatto non sussiste dal reato di peculato loro ascritto in relazione all'ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita. Tirabassi è stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c.p.) in relazione alla detenzione della somma di oltre 1.500.000 USD a lui corrisposta - fra il 2004 e il 2009 - dall'UBS; il Tribunale ha infatti ritenuto che la ricezione di tale somma da parte dell'imputato integrasse il reato di corruzione in ordine al quale pero', dato il tempo trascorso, l'azione penale è ormai prescritta. Quanto a Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente dell'A.I.F. (Autorità di Informazione Finanziaria), intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, essi sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di cui agli articoli 178 e 180 c.p. per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un'operazione sospetta".
Infine, con riferimento ad altri due temi di indagine oggetto del giudizio, mons. Becciu e Cecilia Marogna sono stati ritenuti colpevoli, in concorso, del reato di cui all'art. 416-ter c.p. in relazione al versamento, da parte della Segreteria di Stato, di somme per un totale di oltre 570.000 euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa.
"Mons. Becciu è stato altresì ritenuto colpevole di peculato (art. 168 c.p.) per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di Euro 125.000 destinata in realtà alla cooperativa SPES, di cui era presidente il fratello Becciu Antonino. Pur essendo di per sè lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l'erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell'art. 176 c.p., che sanziona l'interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza - del resto - con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l'alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado.
I sopranominati imputati Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi, Fabrizio Tirabassi, Angelo Becciu , Nicola Squillace, Enrico Crasso, Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart sono invece stati assolti, con le formule specificate nel dispositivo, da tutti gli altri reati loro ascritti. Parimenti, mons. Mauro Carlino è stato assolto da tutti i reati a lui contestati.
Conclusivamente, ritenuta la continuazione tra i reati contestati ad ognuno degli imputati, gli stessi sono stati condannati, rispettivamente: Bruhlart Renè e Di Ruzza Tommaso alla pena della multa di euro millesettecentocinquanta; Crasso Enrico alla pena di anni sette di reclusione ed euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Mincione Raffaele alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Giovanni Angelo Becciu alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, ottomila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Fabrizio Tirabassi alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Nicola Squillace, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena - sospesa - di anni uno e mesi dieci di reclusione; Gianluigi Torzi alla pena di anni sei di reclusione ed euro seimila di multa, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla sottoposizione alla vigilanza speciale per un anno; Cecilia Marogna alla pena di anni tre e mesi nove di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per uguale periodo; 4 Logsic Humanitarne Dejavnosti D.O.O. alla sanzione pecuniaria di euro quarantamila ed al divieto di contrattare con le autorità pubbliche per anni due;
Inoltre, il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166.000.000 di euro complessivi. Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200.000.000 di euro.