La sentenza è stata emessa dopo "le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice"
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Il Vaticano ha scomunicato monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo di Ulpiano ed ex ambasciatore della Santa Sede negli Stati Uniti. In un comunicato, il Dicastero per la Dottrina della Fede annuncia che la scomunica latae sententiae è stata dichiarata per "il delitto di scisma". Il comunicato sottolinea che la sentenza è stata emessa dopo "le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell'autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II".
Nelle ore della scomunica Viganò ha scritto su X per sottolineare che avrebbe celebrato comunque la messa già prevista: "Come ogni mese, anche questo primo venerdì dedicato al Preziosissimo Sangue celebrerò la santa messa per gli amici e benefattori della Fondazione Exsurge Domine. Insieme a loro, porterò ai piedi dell'altare anche tutti coloro che hanno voluto esprimermi sostegno e assicurarmi le loro preghiere in questo momento".
Viganò era stato accusato di non riconoscere la legittimità del Pontefice. Alla notizia delle accuse il monsignor aveva detto di ritenerle "un motivo di onore" e aveva commentato in un comunicato: "Credo che la formulazione stessa dei capi d’accusa confermi le tesi che ho più e più volte sostenuto nei miei interventi. Non è un caso che l'accusa nei miei confronti riguardi la messa in discussione della legittimità di Jorge Mario Bergoglio e il rifiuto del Vaticano II: il Concilio rappresenta il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana chiesa sinodale è necessaria metastasi".
Il monsignor è ricordato anche per la famosa lettera del 2018 sul caso del cardinale statunitense Theodore McCarrick, successivamente privato della porpora e dimesso dallo stato clericale. Uno scritto nel quale lanciava accuse al Pontefice a proposito della questione degli abusi e chiudeva chiedendogli la rinuncia. Su questa vicenda, successivamente la Santa Sede aveva smentito Viganò punto per punto con la pubblicazione di un rapporto, nel novembre 2020.
La scomunica è la pena più grave nel diritto canonico perché sancisce che un battezzato in pratica non fa più parte della Chiesa. Non è una censura perpetua perché, se la persona che ha commesso il delitto di scisma (ma si può essere scomunicati anche in caso di eresia o apostasia) si pente sinceramente la pena può essere rimossa. E la Chiesa lo ha fatto anche nel recente passato, per esempio revocandola all'ex gesuita Marko Rupnik accusato di abusi da diverse religiose. Nel caso di Viganò, precisa l'ex Sant'Uffizio, una decisione del genere spetta alla Sede apostolica.
Immaginare un passo indietro da parte di Viganò risulta però difficile. E se dovesse proseguire nella sua personale "crociata" contro il Papa, si potrebbe arrivare anche alla sua dimissione dallo stato clericale. In altri termini rischia anche di non essere più vescovo e sacerdote. Si chiude così, almeno al momento, la lunga serie di ostilità lanciate da Viganò contro il Papa ma anche contro il Vaticano e la Chiesa italiana. In queste settimane l'ex Nunzio non sembra avere raccolto molta solidarietà, a parte quella di alcuni blog ultra-tradizionalisti.
Anche i Lefebvriani, nati anche loro a seguito della scomunica per scisma del loro fondatore (Marcel Lefebvre), hanno preso le distanze da Viganò. Lui d'altronde aveva ampliato a dismisura il suo raggio di invettive, dai gay ai vaccini anti-Covid. "Siamo nella battaglia tra figli della luce e figli delle tenebre", scriveva nel 2020 all'allora presidente Usa Donald Trump. Ma il tycoon, di nuovo in corsa per la Casa Bianca, non è intervenuto, almeno al momento, in suo soccorso.