Svolta nel caso

Morte Davide Rebellin, il camionista tedesco che lo investì vuole tornare in Italia per affrontare il processo

Il 30 novembre il 62enne Wolfgang Rieke travolse e uccise il ciclista. L'estradizione dell'autista, fuggito in Germania dopo l'accaduto, potrebbe velocizzarsi

26 Lug 2023 - 09:12
30 novembre: Davide Rebellin, 51 anni, ex ciclista © italyphotopress

30 novembre: Davide Rebellin, 51 anni, ex ciclista © italyphotopress

Svolta nel caso della morte di Davide Rebellin, l'ex campione di ciclismo investito e ucciso il 30 novembre dal 62enne camionista tedesco Wolfgang Rieke a Montebello Vicentino (Vicenza). Attraverso un documento consegnato dai suoi difensori al giudice tedesco, l'uomo - fuggito in Germania dopo l'accaduto - ha dato il suo consenso a essere consegnato alle autorità italiane per affrontare l’accusa di omicidio stradale. L'estradizione dell'autista, a questo punto, potrebbe velocizzarsi e avvenire entro un paio di settimane. Rieke a giugno era stato arrestato a Münster (Germania) su mandato europeo emesso dalla Procura di Vicenza, ma poi era stato scarcerato cinque giorni dopo.

L'incidente

 Il 30 novembre Rebellin era uscito in bici per allenarsi. Quando si era trovato nei pressi di una grande rotatoria era stato affiancato dal camionista. Quest'ultimo poi aveva svoltato a destra, senza mettere la freccia, per raggiungere il parcheggio di un ristorante, investendo il ciclista. A causa dell'impatto, Rebellin era morto sul colpo.

Le testimonianze

 Le telecamere della sicurezza hanno ripreso l'intera scena dell'incidente. Sia le immagini sia le testimonianze di chi si trovava nel parcheggio sono state messe agli atti dell'inchiesta. Nessun testimone ha visto con i suoi occhi l'incidente ma diverse persone si sono accorte che "l'autista guardava il corpo a terra" poco dopo l'impatto. Un testimone racconta ai carabinieri che Rieke "era agitato, girava intorno al corpo, diceva 'io no, io!'" e "sentendo che erano stati chiamati carabinieri e 118, mi ha detto 'vado più in là'". L'autista si è poi diretto verso il camion, ci è salito sopra ed è andato via.

Il legale del camionista: "Rieke pronto a rispondere delle proprie responsabilità"

 "Stiamo organizzando il suo arrivo in Italia - ha dichiarato il legale dell'uomo, Andrea Nardin - che deve comunque essere concordato con le autorità tedesche, visto che attualmente Rieke ha l’obbligo di firma in commissariato. Il fatto che il mio cliente abbia chiesto di essere consegnato all’Italia è un’ulteriore dimostrazione di come non ci troviamo di fronte a un mostro, un cinico investitore che tenta in tutti i modi di sottrarsi alle proprie colpe. È consapevole che l’estradizione coinciderà con il suo trasferimento in carcere, ma è pronto a rispondere delle proprie responsabilità di fronte alla giustizia italiana".

Le accuse del pm

 La Procura oltre a mettere sotto inchiesta l'uomo per omicidio stradale, lo ha accusato anche di frode processuale, sostenendo che ai tempi dell'incidente abbia tentato di nascondere le prove che potevano incastrarlo. Dopo aver travolto il ciclista con il camion, infatti, Rieke, secondo quanto si legge nelle carte dell'inchiesta, ha cercato di lavare le tracce del paraurti strofinando via "il sangue con la mano bagnata con la saliva". E, una volta fuggito in Germania, l'autista ha sostituito il rimorchio e cancellato le tracce biologiche dalla motrice utilizzando del detergente concentrato.

Per il pm di Vicenza Roderich Blattner, Rieke è un uomo "cinicamente incentrato su se stesso e non curante della tutela della vita degli altri cittadini". Una visione che stride con quella degli avvocati dell'autista, che lo descrivono provato dai sensi di colpa e inconsapevole inizialmente di essere il responsabile dell’incidente.

Il gip non contesta a Rieke la frode processuale

 Il gip che il 20 aprile ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare, contesta a Rieke l'accusa di omicidio stradale aggravato dalla fuga ma non la frode processuale perché i tentativi dell'uomo di nascondere le tracce non erano volti a "ingannare" gli inquirenti ma a tutelarsi da "una situazione di pericolo per la libertà o l’onore proprio", si legge ancora nelle carte dell'inchiesta.

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