Due gli uomini inquadrati dalle telecamere, uno sulla quarantina, con un berrettino di lana, l'altro sulla sessantina, con un basco e forse occhiali
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Prosegue la caccia ai ladri di Palazzo Ducale a Venezia, protagonisti del clamoroso furto dei gioielli del Maharaja dalla sala dello Scrutinio. Gli uomini della squadra mobile di Venezia e dello Sco, giunti da Roma, sono concentrati sull'analisi dei filmati della sicurezza, e sui pochi indizi lasciati dai malviventi. Due uomini, uno sulla quarantina, con un berrettino di lana, l'altro sulla sessantina, con un basco e forse occhiali.
La coppia di malviventi è fuggita nel via-vai dei turisti con in tasca una coppia di orecchini e una spilla in diamanti, oro e platino. Tesori esposti alla mostra dei "Moghul e dei Maharaja", di proprietà dello sceicco qatariota Hamad bin Abdullah Al Thani, per la prima volta in Italia.
I due ladri potrebbero essere stati solo il 'braccio' di una banda con appoggi e basisti a Venezia. Impossibile immaginare che il colpo non sia stato preparato da tempo, con sopralluoghi nel palazzo dei Dogi a San Marco. La teca "aperta come una scatoletta", nonostante l'allarme, e' stata scelta apposta: al secondo piano del Ducale, era in una stanza molto vicina all'uscita della Sala dello Scrutinio, per accorciare i tempi di fuga. Le telecamere non la coprivano interamente, perche' puntavano la teca.
Il Questore di Venezia, Danilo Vito Gagliardi, ha ribadito che quelli che hanno agito erano professionisti, e l'hanno fatto probabilmente su commissione. Gente abile, perché dopo aver aperto la teca senza rompere il vetro, con strumenti elettronici hanno fatto scattare l'allarme un minuto in ritardo. Possibile poi che nel momento del furto, eccettuato il personale di guardi, non vi fossero guardie giurate nei pressi. Uno dei vigilantes è arrivato di corsa, dopo l'allarme.
"Abbiamo tutti gli elementi per lavorare" ha detto il Questore, indicando "quattro direttrici d'azione" - che non ha voluto approfondire - perche' non avrebbe senso - ha spiegato - parlare "di un'indagine a 360 gradi". Da Roma sono giunti gli esperti del Servizio Centrale Operativo, lo stesso team che aveva lavorato in Veneto anche sul furto milionario dei Tintoretto, Rubens e Mantegna dal Museo di Castelvecchio a Verona, nel novembre 2015, recuperati nel 2016 in Ucraina.
"Abbiamo di fronte certamente persone molto abili, perche' hanno lasciato pochissime tracce - ha detto il dirigente dello Sco, Alfredo Fabbroncini - Starà a noi sfruttare queste poche tracce, ma non sarà facile".