Sammy Basso a Tgcom24

La forza di Sammy Basso:"Grazie alla progeria sto diventando ricercatore"

Il più longevo ammalato della sindrome dell’invecchiamento precoce a Tgcom24: "Una volta i bambini pensavano fossi un marziano. Oggi mi fermano per un selfie. La malattia? Non vivrei senza"

19 Lug 2018 - 11:51
 © twitter

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A 22 anni Sammy Basso è il più longevo ammalato di progeria, sindrome rarissima che provoca invecchiamento precoce. Adesso è il più longevo ammalato di progeria e laureato. Basso si gode il suo 110 e lode in Scienze Naturali alla facoltà di Padova. “Con l’alloro in testa e il diploma di laurea in mano mi sono sentito come un imperatore romano. E io sono un grande appassionato dell’antica Roma” dice a Tgcom24. Dopo essere stato proclamato dottore, Sammy scherza con amici e parenti e guarda in avanti verso il futuro.

“Per me questo è un traguardo importante - Sammy al telefono parla con voce pacata e tranquilla - ma anche l’inizio di un nuovo percorso perché voglio specializzarmi in Biologia molecolare”.

La sua tesi dal titolo  “Novel use of Crisps-Cas9 System as a therapy for Hgps”  l’ha discussa in inglese davanti alla commissione mentre ai suoi genitori l’ha spiegata in dialetto veneto, che considera sua lingua madre. E’ un ragazzo imprigionato nel corpo di un anziano ma che ha tanta voglia di vivere e di fare qualcosa per il prossimo. Ha studiato la sua malattia e ha scritto di una nuova terapia messa a punto in Spagna  a cui ha contribuito personalmente durante il suo soggiorno spagnolo durato 15 giorni . “Forse non potrà servire a me, continua, ma a tutti quelli che verranno dopo di me sì”. 

Sammy è un ragazzo pieno di energia e molto ironico. Si è fatto conoscere al grande pubblico attraverso il suo viaggio on the road negli Stati Uniti, Route 66, che è diventato un docufilm su National Geographic  e un libro edito da Rizzoli.  “Non passo inosservato - racconta - ma le cose sono cambiate. Una volta i bambini mi fermavano per chiedermi se fossi un marziano, ma loro sono innocenti. Gli adulti mi fissavano senza capire, e mi faceva male. Oggi è più facile che mi fermino per stringermi la mano o per un selfie con me. Credo che questa sia una bella conquista”.

Dice di essere grato alla progeria e non la vive come se fosse una condanna, né una punizione divina. “Non sceglierei di rinascere senza la malattia perché i miei amici, le mie esperienze li ho vissuti così ed è grazie a questa condizione che sto diventando un ricercatore”.

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