Riconosciuta dalle sembianze del volto, già prima l'avvocato della famiglia Giacomini aveva detto: "Salvo non si tratti di una sosia, è lei"
Appartengono a Federica Giacomini i resti all'interno della cassa trovata il 17 giugno nel lago di Garda. La conferma arriva dalla Questura di Vicenza. Hanno consentito il riconoscimento anche le sembianze del volto, in particolare lo stato di conservazione di naso, labbra e capelli. Già prima l'avvocato della famiglia, Paolo Mele, aveva detto: "Al di là dell'accertamento di natura biologica e dell'approfondimento genetico, per la conoscenza che ho della persona, salvo che non sia una sosia, per me è più che verosimile che sia Federica".
"Ho assistito perché mi interessava sapere se dentro quel sacco ci fosse un corpo umano, se questo corpo era di sesso femminile, come nel caso di specie lo è, e soprattutto se poteva verosimilmente essere Federica Giacomini. Purtroppo queste mie tre attese sono state soddisfatte", aggiunge il difensore.
Il processo si vedrà, le responsabilità si vedranno, sulle cause della morte ovviamente non posso dire nulla visto che è un aspetto legato al segreto istruttorio di cui dirà in seguito la Procura", conclude Mele.
La Procura indaga per omicidio volontario - Dopo il ritrovamento della cassa, il fascicolo della Procura di Vicenza sulla scomparsa di Federica Giacomini è diventato per omicidio volontario. Indagato è il fidanzato della donna, il 55enne Franco Mossoni, attualmente rinchiuso con provvedimento restrittivo in un ospedale psichiatrico dopo l'irruzione del febbraio scorso nel nosocomio vicentino vestito da Rambo e con un'arma giocattolo.
Un barcaiolo aiutò a gettare la cassa - Chi ha gettato nel lago di Garda la cassa contenente il corpo che, secondo il legale di famiglia, è di Federica Giacomini, lo ha fatto con l'aiuto inconsapevole di un barcaiolo di Castelletto di Brenzone. Lo ha accertato la polizia di Vicenza che indaga sulla vicenda.
Il barcaiolo ha riferito agli investigatori di essere stato contattato tra fine gennaio e inizio febbraio da un uomo che si è spacciato per biologo, il quale ha preso in affitto l'imbarcazione, con relativo conducente, con la scusa di dover effettuare degli esperimenti.
La bara di plastica, ha raccontato il barcaiolo, aveva in effetti alcuni congegni che potevano far credere che si trattasse di una strumentazione funzionante. Il finto biologo ha chiesto di essere accompagnato in un punto ben preciso del lago, particolarmente profondo. Poi i due hanno gettato in acqua l'involucro.