Ogni Comune dovrebbe istituire un albo al quale le lavoratrici del sesso dovrebbero obbligatoriamente iscriversi, e per loro scatterebbe anche l'obbligo di emissione di fattura a fronte della garanzia di un equo compenso
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E' dal 1958, quando la Legge Merlin chiuse i postriboli, che a cadenza regolare il tema della regolarizzazione della prostituzione torna alla ribalta. Ma se finora tutti i tentativi sono caduti nel vuoto, ora una proposta di legge in Veneto potrebbe trasformare il nord-est nell'apripista per trasformare il mestiere più antico del mondo in una professione regolata attraverso un appostito albo e, soprattutto, tassata come tutte le altre.
La proposta di legge, che è all'esame della Quinta commissione dell'assemblea regionale veneta e che andrà poi trasmessa al Parlamento per un'eventuale discussione, è stata presentata dal consigliere Alberto Guadagnini, del gruppo indipendentista Siamo Veneto. L'idea è quella di istituire in ogni comune un "albo" delle prostitute, che verrebbero così trasformate in lavoratrici autonome, anche associate tra di loro, con il diritto di ricevere un giusto compenso e il dovere di emettere regolare fattura.
Il testo in discussione prevede infatti che ogni Comune istituisca uno specifico albo, curato da un ufficio creato ad hoc, in cui verrebbero indicate le generalità complete delle prostitute, garantendo "il rispetto del diritto alla riservatezza degli interessati"; sarebbe comunque possibile cancellare il proprio nome dall'elenco in caso di cessazione dell'attività. E per le prostitute che non accettassero di iscriversi all'albo, viene ipotizzata una sanzione pecuniaria da 5mila a 50mila euro.
A restare rigorosamente anonimi sarebbero invece i clienti: la proposta di legge, all'articolo 2, prevede infatti che le prostitute siano tenute alla totale riservatezza sull'identità della propria clientela. Per quanto riguarda invece la prostituzione minorile, l'intenzione di Guadagnini è quella di modificare il codice inasprendo le pene, che andrebbero da 10 anni all'ergastolo con multe da 50mila a 500mila euro.
Illustrando la propria proposta, il consigliere veneto spiega che, nonostante la Legge Merlin, "oggi lavorano in Italia oltre 70mila prostitute. Quasi la metà, secondo i dati della commissione Affari sociali della Camera, sono immigrate, 2mila sono minorenni e altrettante sono le ragazze ridotte in schiavitù e costrette a vendersi". E le attuali norme, secondo Guadagnini, non sono riuscite "a debellare il fenomeno, anzi: è dilagato in strada", e le "case chiuse" si sono trasformate "in appartamenti, stanze d'albergo, automobili. Chiunque può trovare ragazze disponibili sul web, nei giornali o in certe discoteche" perché la legge "ha ottenuto risultati opposti a quelli voluti". E quindi, secondo l'esponente indipendentista, è giunto il momento di cambiare.
Ma non è detto che i suoi colleghi in Regione siano d'accordo: Guadagnini potrebbe trovare sostegno nella Lega, ma il Pd ha già fatto sapere che voterà contro, e il M5s non sembra particolarmente favorevole: "Noi - spiega a La Stampa il capogruppo pentastellato in Regione, Iacopo Berti - crediamo in altri tipi di liberalizzazione, un po' più seri". E comunque "basta guardare quante proposte di legge regionali diventano poi leggi dello Stato. In Veneto, da quando esiste questo istituto, il saldo è zero".