Il nuovo appello per la 30enne da novembre in stato vegetativo dopo l'intervento a una gamba: "Il letto è la sua prigione"
"La sua vita non è più vita, è pura sofferenza, non avrebbe mai voluto un'esistenza così: in un letto di ospedale come in prigione, senza più coscienza, alimentata con una sonda, tormentata dai dolori. Ha trent' anni e nessuna speranza di miglioramento. La nostra bambina non c'è più, lasciatela andare via". Tornano ad appellarsi allo Stato, che si è già pronunciato con un "no", i genitori di Samantha D'Incà, la 30enne di Feltre da novembre in stato vegetativo dopo l'intervento a una gamba. "Il suo cervello per troppo tempo non aveva ricevuto ossigeno. La nostra Samy era entrata in ospedale per una frattura, ne è uscita come un vegetale, come Eluana Englaro. Intorno alla nostra famiglia è sceso il buio", raccontano papà Giorgio e mamma Genzianella a La Repubblica.
Ricordano, i genitori, quella caduta lungo il vialetto di casa, la rottura del femore, l'operazione chirurgica e gli arti che poi si gonfiarono. Il nuovo ricovero, la polmonite, i polmoni che collassano, il coma. Cos'è successo? Chi ha sbagliato? "Hanno isolato un batterio che forse, dicono, potrebbe essere stato la causa della tragedia, - spiega il padre di Samantha. - Qualcuno pagherà".
Continua, dunque, la battaglia dei genitori di Samantha "per darle dignità". La 30enne ora respira da sola, ma è nutrita con una peg, una sonda gastrostomica. Papà e mamma si erano opposti all'alimentazione forzata, ma l'amministratore di sostegno nominato dal Tribunale firmò per questo.
Così la giovane, che non aveva pensato in vita a fare il biotestamento ma che mai avrebbe accettato questo stato, potrebbe smettere di soffrire, come prevede la legge 219 del 2017, se i medici interrompessero la nutrizione e l'idratazione, accompagnandola con una sedazione profonda. Il Tribunale, però, come riferisce La Repubblica, ha deciso che, prima di prendere una decisione definitiva per Samantha, debba tentarsi una riabilitazione in un reparto specializzato all'ospedale di Vipiteno.
"Il massimo a cui Samy potrebbe arrivare, se mai la riabilitazione funzionasse, è la coscienza di un neonato di due mesi", rispondono i genitori. "Nemmeno questo sta succedendo. Nessun progresso. Nostra figlia soffre ogni giorno di più. I medici, i giudici devono ascoltarci", è il loro appello.