Otto anni dopo l'episodio, l'insegnante dovrà scontare un mese e dieci giorni di reclusione e pagare 5mila euro di risarcimento danni alla piccola vittima
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Era il novembre del 2013 quando una maestra di Vicenza, durante l'ora di educazione fisica, fece mettere in fila in palestra i 22 alunni di prima elementare e chiese loro di mimare il gesto dello sputo su quel compagno troppo vivace che aveva appena sputato in classe. Gli studenti ubbidirono e qualcuno sputò realmente sul piccolo Gian Burrasca. Il racconto a casa dell'episodio fece scattare la denuncia nei confronti dell'insegnante, che si giustificò: "Volevo educarlo". Otto anni dopo, la Cassazione ha confermato la condanna per "abuso di mezzi di correzione o disciplina": un mese e dieci giorni di reclusione e 5mila euro di risarcimento danni alla piccola vittima.
L'iter giudiziario - Per la Cassazione, dunque, quel giorno la maestra compì un reato, a prescindere da quali fossero le sue intenzioni. La vittima, che allora aveva sei anni, secondo i giudici "fu costretta a subire l'umiliazione di essere bersaglio di sputi da parte di altri suoi compagni di classe, così provocando nel bambino un forte turbamento e pianto".
In primo grado, però, la tesi difensiva dell'insegnante aveva portato la procura di Vicenza ad archiviare il caso. Ma il gip accolse l'opposizione della famiglia del bimbo, chiedendo l’imputazione coatta che si era conclusa con la condanna per il reato di abuso dei mezzi di correzione. Tesi confermata in Appello, che aveva dimezzato il risarcimento danni, portandolo a 5mila euro. La Cassazione ora chiude la vicenda.