Parla in esclusiva a Tgcom24 il criminologo Franco Posa, esperto in neuroscienze forensi e ricostruzione di cold case, che sta riesaminando i reperti del caso di Simonetta Cesaroni, la ragazza uccisa a Roma il 7 agosto del 1990
di Tamara Ferrari© IPA
Con quale arma è stata uccisa Simonetta Cesaroni? Che cosa si può dedurre dalle ferite inflitte dal suo assassino? La ragazza provò a difendersi? A queste e tante altre domande sta provando a dare una risposta il criminologo di fama internazionale Franco Posa, esperto in neuroscienze forensi e ricostruzione dei cold case, che a Tgcom24 spiega: “Con la collega Jessica Leone stiamo conducendo un'attività tecnico-scientifica particolarmente innovativa con lo scopo di fornire nuovi elementi agli inquirenti".
Franco Posa aggiunge: "Lo studio è ancora in corso, quindi posso fornire solo informazioni parziali. La domanda che ci è stata posta è se c'è una compatibilità tra alcuni strumenti contundenti e le ferite. Abbiamo iniziato con una ricostruzione tridimensionale di quelle sul corpo di Simonetta Cesaroni. Partendo dalle immagini dei tagli di arma bianca scattate sul tavolo autoptico, le abbiamo elaborate e trasformate in 3d. Sulla riproduzione, fatta con un materiale che ha una elasticità compatibile con la pelle umana, abbiamo riprodotto alcuni ipotetici contundenti che possono averle causate”.
Con che arma è stata uccisa Simonetta?
“Ancora non c'è una risposta. C'è una suggestione iniziale, che si è trasformata in una evidenza, e c'è una evidenza oggettiva che emerge dalla nostra ricostruzione. Quindi adesso ci sarà da discutere come procedere. Cioè se rifare un confronto su seconde impronte, se recuperare altri strumenti e così via. Parallelamente, si è proceduto all'esame della posizione del corpo, lo studio delle macchie dermatologiche macroscopicamente evidenti, tutti elementi che servono per chiudere il cerchio”.
Quindi Simonetta non è stata uccisa con un tagliacarte?
“Stiamo lavorando su questo, non posso rispondere a questa domanda. Le posso dire che fino a oggi non c'erano gli strumenti per fare un'attività di questo tipo e che le attività fatte nel corso degli anni sono state estremamente approssimative. Oggi abbiamo strumenti che danno risultati oggettivi. Noi abbiamo delle misure, chi di dovere ne trarrà le conclusioni”.
Delle ferite che cosa ci può dire?
“C'è stata una quantità di coltellate che va oltre a quelle necessarie per uccidere. C'è una situazione di overkilling. Stiamo mappando le ferite, la mappatura parla molto”.
In che senso?
“La velocità dell'atto compiuto, le suggestioni sul perché ci siano aree anatomiche più colpite rispetto ad altre. Elementi di contorno rispetto al quesito al quale dobbiamo rispondere”.
Ingrandendo le immagini del cadavere avete trovato elementi sfuggiti all'attenzione degli investigatori?
“Ci sono segni dei quali non si trova traccia nelle perizie fatte nel corso degli anni. Parliamo, per esempio, della regione del collo e di una mano, dove vi era peluria che non è stata studiata e valutata. Il che lascia pure un pochino basiti. Però, era un'altra epoca”.
Sta dicendo che Simonetta aveva strappato capelli o peli al suo assassino?
“C'era questa peluria, che non è stata repertata. Dagli ingrandimenti fatti con tecniche innovative, le evidenze che sono saltate fuori sono tante. Quindi: lesioni mai descritte con precisione, materiale biologico come questa peluria depositata su una mano e un'impronta sul collo che stiamo studiando. Grazie a una tecnica che permette di ingrandire questa lesione, possiamo misurarla e confrontarla con lo strumento che probabilmente è stato usato per stringere”.
Non è che l'assassino standole sopra, magari a cavalcioni, le ha stretto il collo con la mano?
“È assolutamente vero che sia stato a cavalcioni. E questo mi dà lo spunto per dirle che dal punto di vista patologico forense abbiamo esaminato, sempre con la tecnica che dicevo prima, anche gli ematomi e le ecchimosi presenti soprattutto nella regione pubica, per cercare di capire quale tipo di pressione abbia subito il cadavere e se è successo prima o dopo la morte”.
Simonetta aveva al collo una collanina. Potrebbe essere stata questa la causa della lesione?
“Stiamo valutando anche questo”.
Secondo lei, che personalità potrebbe avere l'assassino?
“C'è un overkilling e c'è efferatezza. Stiamo utilizzando una tecnica di autopsia psicologica estremamente innovativa per fornire a chi indaga un'idea confortante nei confronti di individui di cui si sospetta e che poi dovrà interrogare”.
Simonetta fu colpita alle spalle o si trovava viso a viso con il suo aggressore?
“Anche a questo si può dare una risposta. Così come al corpetto della ragazza che viene adagiato sul cadavere dopo la morte. L'intenzione di coprire il corpo ha un significato che noi sappiamo interpretare molto bene e che, insieme alla dinamica criminale, può dare risposte utili a chi dovrà investigare”.