La moglie: "Sono i miei angeli, provvedono a tutte le spese, preoccupandosi di non farmi mancare nulla e pensano pure al cambio delle lenzuola"
I nemici che diventano amici. Succede anche tra ultras avversari. Come dimostra la storia di Luca Fanesi, entrato in coma a novembre dopo gli scontri tra i tifosi della Sambenedettese, la sua squadra del cuore, e quelli del Vicenza, e da allora ricoverato in ospedale nel capoluogo veneto. Il 44enne - che ora è uscito dal coma - mai avrebbe pensato che sarebbero stati proprio quei “nemici” a prendersi cura dei suoi due figli di 7 e 13 anni e di sua moglie, Teresa Brecciaroli. Quest’ultima li chiama “i miei angeli”: “provvedono a tutte le spese, preoccupandosi di non farmi mancare nulla e pensano pure al cambio delle lenzuola”, ha raccontato la donna al Corriere del Veneto.
La partita e gli scontri - La Sambenedettese e il Vicenza - squadre di serie C - si sono sfidate il 5 novembre scorso. Dopo la partita gli scontri, in cui il tifoso della squadra di San Benedetto del Tronto è rimasto ferito per poi entrare in coma. Ancora non è chiaro cosa sia successo esattamente: secondo una ricostruzione del Corriere del Veneto, a scontrarsi sarebbero stati una quarantina di ultras marchigiani, tra cui Luca, e una decina di vicentini. I tafferugli sarebbero durati due o tre minuti, interrotti dall’intervento della polizia. La Digos sostiene che Fanesi, correndo verso i pullman dei marchigiani, avrebbe sbattuto violentemente la testa contro un cancello per poi cadere a terra. Gli ultras della Sambenedettese, invece, accusano i poliziotti di aver colpito l’uomo a manganellate mentre si trovava a terra. La Procura di Vicenza sta indagando.
Un gesto speciale - Ad ogni modo, se Teresa è riuscita a stare accanto al marito durante la sua “permanenza” in ospedale è proprio merito degli ultras vicentini. I tifosi hanno affittato una casa per lei e si sono presi cura della donna e dei suoi figli. Dopo essersi svegliato dal coma, Fanesi è rimasto molto colpito dal comportamento dei suoi avversari. “Mio marito si stava spostando sulla sedia a rotelle lungo il corridoio dell’ospedale - ha raccontato Teresa al Corriere del Veneto - A un tratto ha incrociato gli ultras rivali, quelli che erano i suoi nemici, passati per salutarlo. Lui ha sorriso, li ha ringraziati: ‘Ma davvero state facendo tutto questo per me? Davvero state ospitando tutta la mia famiglia? E pensare che io non ricordo niente di quel giorno...’”.