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Vieta alla moglie di lavorare: la Cassazione conferma la condanna per maltrattamenti

Tra le condotte che sono state contestate all'uomo, imprenditore, ci sono anche la gelosia ingiustificata, i controlli ossessionanti, le umiliazioni e le minacce di morte

22 Gen 2025 - 22:28
 © Da video

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Per parecchio tempo ha fatto lavorare la moglie come contabile nella sua azienda, ma senza versarle lo stipendio. Poi, quando lei ha trovato un impiego nel settore turistico, le ha impedito di lavorare chiamandola in continuazione. C'è anche questa fra le condotte contestate a un uomo condannato per maltrattamenti a Torino, con una sentenza convalidata dalla Cassazione. L'uomo è stato accusato di condotte vessatorie, controllanti, denigratorie. I giudici hanno anche sottolineato i "comportamenti volti a ostacolare l'emancipazione economica della moglie" sul presupposto che era "meglio che rimanesse a casa con i figli".

La componente economica e patrimoniale della vicenda

 Stai a casa e occupati dei figli, erano le frasi la donna si sentiva rivolgere dal marito quando manifestava il desiderio di trovarsi un lavoro. Perché il suo posto era quello della casalinga. All'uomo, un imprenditore, sono stati contestati la gelosia ingiustificata, i controlli ossessionanti, le umiliazioni, le minacce di morte. Ma i giudici della Cassazione, nel confermare la decisione dei colleghi del capoluogo piemontese, hanno calcato la mano sulla "componente economico-patrimoniale" della vicenda, dedicando all'argomento parecchie pagine della sentenza.

Suddivisione dei ruoli "rigorosa e discriminatoria"

 Il punto, secondo gli Ermellini, è che l'imputato ha costretto la moglie ad "abbandonare le proprie ambizioni professionali" sulla base di una "rigorosa e discriminatoria" suddivisione dei ruoli. La vicenda si è trascinata fra il 2000 e il 2019 ed è stata rievocata dalla donna nel corso di una lunga testimonianza resa davanti al tribunale di Torino in occasione del processo di primo grado. A un certo punto spiegò che, nel tentativo di liberarsi da divieti e condizionamenti, si era trovata un impiego nel settore del turismo, ma che di fatto non riuscì a lavorare: il marito la chiamava di continuo e, anche di fronte a colleghe e colleghi, le ordinava di tornare a casa.

"Decisione unilaterale che ha inciso sulla dignità umana"

 I giudici non hanno potuto fare a meno di notare che l'imprenditore, in barba alle proprie convinzioni, per un po' di tempo aveva impiegato la moglie come contabile nella propria azienda, senza però pagarle lo stipendio. Peraltro non hanno nemmeno creduto alla sua versione, secondo la quale era lei che voleva "accudire i figli" ed essere "mantenuta". La Cassazione ha richiamato una serie di principi scolpiti da una direttiva Ue del 2012 sulla violenza di genere, e ha sancito che, in questa vicenda, la "componente economico-patrimoniale" ha parecchio rilievo "perché è oggetto di una decisione assunta unilateralmente dall'imputato anche attraverso il ricorso a forme manipolatorie e pressioni psicologiche tali da incidere sulla sua dignità umana".

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