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Agli atti i messaggi che i due si sono scambiati prima del delitto
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Quando il 16 maggio Sofia Stefani, la ex vigilessa uccisa dal collega, è arrivata al comando della polizia locale di Anzola Emilia, lei e Giampiero Gualandi si sono chiusi in una stanza: secondo il gip lui aveva "già in mente l'omicidio". È per questo che il magistrato sabato ha disposto il carcere per il 62enne. Tra la ex vigilessa e il suo ex comandante sarebbe iniziata una discussione e lei avrebbe insistito nel voler continuare il rapporto. Allora Gualandi, "esasperato", avrebbe impugnato la pistola sparando alla donna. Quindi, secondo il gip, consapevole di quello che aveva fatto e di dover dare una versione alternativa, ha chiamato il 118 per "simulare una tragica fatalità".
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La ricostruzione del giudice, che ha accolto la richiesta del pm Stefano Dambruso, viene fatta "sulla base degli atti a disposizione" di quanto avvenuto il 16 maggio: non sarebbe stato, a suo avviso, un incidente come sostenuto dall'indagato nell'interrogatorio. Quel giorno, infatti, l'ex comandante della polizia locale è arrivato in ufficio, sapendo bene che stava per arrivare anche Stefani, la ex collega di quasi 30 anni più giovane di lui e che non accettava di concludere la relazione. Gualandi, dunque, ha ritirato l'arma dall'armeria e recuperato la scatola per la pulizia poi ritrovata sulla scrivania per predisporre una linea di difesa sul motivo della presenza della pistola (manutenzione e pulizia).
Nel valutare le esigenze cautelari per Giampiero Gualandi, il giudice evidenzia una "una spiccata pericolosità sociale" e il rischio di reiterazione del reato. "L'utilizzo dell'arma a fronte di soggetto che risultava disarmato esprime una particolare mancanza di controllo e di consapevolezza dell'assoluta incongruità della propria condotta", dice il gip. "Le inquietanti modalità esecutive dell'azione criminosa poste in essere da Gualandi (che denotano non comune freddezza e disarmante facilità di ricorso all'uso di arma con effetto letale) non lasciano dubbi sulla sussistenza del concreto e attuale pericolo di reiterazione di fatti analoghi a quelli che per si sta procedendo", aggiunge.
Agli atti ci sono anche i messaggi che Giampiero Gualandi si era scambiato con Sofia Stefani i due giorni precedenti all'omicidio, che danno conto che "egli era, in realtà, una persona logorata dalla presenza nella sua vita" della donna, sottolinea il gip Domenico Truppa. Messaggi di lui secondo il giudice "inequivoci", mentre le risposte di Stefani erano state eliminate dalla chat. "Non dormo, mangio poco, sono esaurito", le scriveva Gualandi il 14 maggio, due giorni prima del delitto. E ancora: "Non ho più energia per sopportare la pressione, ansia, nervoso, tensione.." e "Sono esausto, me ne vado via senza dire niente a nessuno, non reggo più nulla".