L'allarme dell'Associazione medici di origine straniera: "Agosto da incubo, un caso al giorno, record in 10 anni". In Puglia aggredite due dottoresse nel giro di pochi giorni
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Negli ultimi tre anni in Italia c’è stato un aumento del 40% degli episodi di violenze fisiche e psicologiche contro le donne che lavorano nella sanità. E quella in corso è "un'estate da incubo, con una media mai così alta di aggressioni, arrivate a numeri mai registrati negli ultimi 10 anni". A dirlo è un'analisi dell'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), condotta insieme a Unione Medica Euromediterranea e al movimento internazionale Uniti per Unire, che sottolinea come dal primo al 20 agosto non ci sia stato un solo giorno in cui un medico o un infermiere non abbia subito una violenza.
Nell'80% dei casi la vittima è stata una donna. Da pugni e calci a vere e proprie aggressioni sessuali, l'allarme "non riguarda solo l'Italia, ma tutta l'Europa e aumenta in modo esponenziale nei Paesi in via di sviluppo", spiega Foad Aodi, presidente di Amsi, Umem e Uniti per Unire. Nella maggior parte dei casi gli autori sono pazienti o loro parenti. Nel mondo, secondo l'indagine che incrocia i dati inviati da referenti presenti in 120 Paesi, si registra un aumento del 42% delle aggressioni contro i professionisti della sanità. In Europa il 40% di loro ha subito almeno una violenza e nei Paesi in via di sviluppo questa percentuale tra le donne tocca il 95%.
"Si tratta di aggressioni, fisiche e psicologiche, ma anche di discriminazioni contro le professioniste di origine straniera, che negli ultimi mesi in Italia hanno visto un'impennata del 35%", aggiunge. Quanto ai contesti in cui gli episodi si verificano, al primo posto ci sono i pronto soccorso, al secondo gli interventi del 118, al terzo i reparti di psichiatria. "Complici i disservizi e le lacune degli ospedali - conclude Aodi - medici e infermieri pagano l'insoddisfazione dei cittadini, arrivati all'esasperazione. La politica deve fare la sua parte con leggi mirate. Ma va anche cambiata la mentalità dei cittadini".
Gli ultimi casi risalgono ai giorni scorsi in Puglia, dove due dottoresse impegnate in servizi di guardia medica sono state aggredite in meno di una settimana. Entrambe si sono dimesse, evidenziando rischi per la propria incolumità. Prima di ferragosto una dottoressa di 37 anni in servizio alla guardia medica di Minervino di Lecce era stata aggredita durante una visita a domicilio dal marito di una paziente che si era sentita male. L'uomo, che non aveva accettato la terapia prescritta, aveva iniziato a offendere e a strattonare la dottoressa spingendola fuori dall'abitazione. La professionista, che aveva già presentato denuncia e segnalato l'accaduto alla Federazione italiana medici di medicina generale, nel frattempo si è dimessa.
Alcuni giorni prima, a Maruggio (Taranto), una dottoressa di 32 anni della guardia medica, specializzanda in urologia, era stata aggredita da una coppia di turisti (poi identificati e denunciati) che si erano recati nella sede di continuità assistenziale per far visitare il figlio minore, che accusava un problema a un occhio. La dottoressa di turno, dopo un primo controllo, aveva consigliato ai genitori di portare il figlio al pronto soccorso per eseguire accertamenti sanitari più approfonditi. I due coniugi avevano inveito contro la dottoressa, con epiteti e offese, accusandola di non saper svolgere il proprio lavoro, per poi minacciarla di morte e arrivando a strattonarla. La dottoressa ha dichiarato di non voler più svolgere turni nel presidio di continuità assistenziale di Maruggio.
Una situazione esasperata che ha portato alla provocazione lanciata da Ludovico Abbaticchio, presidente del Sindacato medici italiani (Smi) di "armare" chi lavora in corsia per contrastare l'escalation. "Non è più accettabile che in zone isolate e in ambienti non idonei i medici vengano esposti a situazioni sgradevoli sia ambientali che a rischio di aggressioni sia verbali che fisiche" dichiara Abbatticchio "Dobbiamo veramente arrivare per dare sicurezza - conclude Abbaticchio - ai nostri medici alla richiesta provocatoria del 'porto d'armi' per avere più attenzione dalle istituzioni? Ma stiamo scherzando? È ora di dire basta e di investire come regioni e come aziende in strutture idonee per la tutela del medico".