© Ufficio stampa | Foto: Michele “Mike” Tamasco
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Federico Silvio Bellanca spiega l'avanzata dei nuovi paesi produttori alla conquista del palato degli appassionati del whisky
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Era il 2011 quando per la prima volta si festeggiò la prima Giornata Mondiale del Whisky, e da allora ogni terzo sabato di Maggio è occasione di festa per gli appassionati. Quest’anno la ricorrenza cade il giorno 17, ed è curioso scoprire che le celebrazioni non riguarderanno solo i paesi storicamente legati a questo distillato come Scozia, Irlanda o Stati Uniti, ma anche nuovi paesi produttori che stanno piano piano crescendo e conquistando il palato degli appassionati. Per saperne di più, ne abbiamo parlato con Federico Silvio Bellanca, esperto di distillati che proprio sul Whisky produce da anni la serie di documentari online “Whisky For Breakfast”.
Federico, da dove nasce questa nuova ondata di paesi produttori di Whisky?
Dovendo trovare il primo grande successo alternativo, viene senza dubbio in mente il Giappone: se fino alla fine del ventesimo secolo, parlando di Whisky si prendevano in considerazione gli storici paesi anglofoni, dall’inizio del 2000 nessuno si sorprende più nel sentir parlare di Whisky nipponico.
Come nasce il Whisky in Giappone?
La storia del Whisky in Giappone è molto antica, l’inizio della sua distillazione nell’impero del Sol Levante la si deve a Masataka Taketsuru che dopo averla studiata in Scozia la portò nel suo paese nel 1924. Ma è solo nel 2001 con la vittoria di Yoichi 10 anni del premio assegnato da Whisky Magazine che si comincia, almeno tra addetti ai lavori, a parlare del paese asiatico. Il secondo elemento dell’internazionalizzazione del prodotto passa invece da Holliwood: nel 2003 esce il film “Lost in Traslation” nel quale Bill Murray interpreta una Star del cinema in declino, arrivata a Tokyo proprio per girare uno spot pubblicitario di una marca di whisky. Questo successo cinematografico proietta il distillato giapponese nell’immaginario generale
Ma esistono altri paesi produttori di whisky nel mondo? E quali tra questi sono da tenere d’occhio come il prossimo grande paese di successo?
Sì, ne esistono moltissimi, alcuni anche insospettabili. Uno di cui ad esempio si parla poco, ma ha sia storia che volumi è l’India. Stiamo parlando di uno dei paesi con i consumi di whisky più alti del mondo,(2015 la produzione è arrivata a 400 milioni di bottiglie) anche se molte referenze chiamate Indian Whisky, non lo sono realmente, ma sono bensì un mix di alcol neutro, alcol di melassa e una piccola percentuale di Malto d’Orzo con aggiunta di aromi. Questi prodotti non possono entrare in Europa col nome Whisky, non rispettando i requisiti, ma sono notevolmente più economici rispetto al vero whisky. L’ingresso del whisky in India si verifica nel 19 sec., durante il British Raj (impero anglo indiano). Intorno al 1820 aprì a Kasauli il primo birrificio, per il quale si avviò l’importazione di malto d’orzo.
Fu poi spostata a Solan dato che vi era abbondante scorta di acqua. Poco dopo fu trasformata in distilleria, diventando la prima dell’india. L’utilizzo dei cereali per la distillazione, non era all’epoca visto di buon grado, vista la carenza di cibo che il paese si è spesso trovato ad affrontare. Ad oggi il mercato è fiorente, e propone anche prodotti di alta qualità come Amrut Distillery fondata nel 1948, e che dal 2004 commercializza Amrut Indian Single Malt Whisky creato con orzo autoctono, oppure la Jhon Distilleries, che dopo che negli anni 90 faceva distillati per whisky fake, e che dal 2012 ha iniziato a produrre il suo single malt, e Rampur, nata in tempi molto recenti. Un’ultima curiosità sull’India: l'invecchiamento avviene a circa 1000 metri di altitudine. Pensiamo che il clima sub tropicale dell’India dà risultati molto diversi dal clima scozzese. Spesso si dice che 1 anno in India, equivale a 3 anni in Scozia. Ma l’India non è l’unico paese asiatico in rampa di lancio.
Tanta Asia quindi tra i nuovi produttori…
Assolutamente sì. Come non citare il whisky Taiwanese, con il suo capostipite Kavalan, della King Car distillery, uscito per la prima volta nel 2008. King Car inizialmente produceva acqua in bottiglia e caffè, ma vedendo il consumo di whisky che aumentava, decise nel 2015 di aprire la propria distilleria. Anche qui il clima gioca un ruolo particolare e quello tropicale di Taiwan permette maturazioni estremamente rapide. L’angel share di queste zone è intorno al 15-20%, contro il 2% della Scozia, quindi si capisce perché spesso sono spiriti piuttosto costosi. Questo ha portato anche a rendere difficoltosa la produzione di invecchiamenti standard per gli scozzesi come 12-15-18 anni, quindi è stato necessario cercare percorsi diversi. Vediamo una grande selezione di botti ex sherry nonché porto e altri tipi di vino, senza escludere botti ex bourbon ed ex rum.
Ma questo crescere di nuovi paesi sta mettendo in difficoltà gli storici produttori?
Assolutamente no, anzi! Anche nei paesi anglofoni c’è grandissimo fermento: nel Regno Unito si è cominciato a distillare anche nei pressi di Londra con grandissimi risultati, in Irlanda la distilleria Teeling ha dato il via alla rinascita della qualità, mentre negli USA oltre agli stati “tradizionalmente” coinvolti nella produzione ne stanno nascendo altri, come l’Iowa o il Texas: insomma, la crescita è globale.
Se tu dovessi dirci qual è il Whisky “non tradizionale” che ti ha conquistato?
Quando i francesi decidono di fare una cosa, di solito (soprattutto se si tratta di enogastronomia) la fanno molto bene, e sul Whisky sono decisamente avvantaggiati: grandi produttori di malto (hanno una tradizione birraia importante, producono circa il 30% della produzione mondiale) e grandi distillatori (pensiamo a cognac, armagnac e calvados), il passo per arrivare al whisky non era certo lungo: oggi ci sono distillerie in Bretagna, in Champagne, in Lorena e perfino in Corsica.
Proprio in Lorena ho avuto modo recentemente di visitare una distilleria veramente straordinaria, Rozelieurs, che utilizza orzo coltivato direttamente nei propri terreni e lo invecchia in botti con legno dei propri boschi, integrando tutta la filiera di produzione. Oltre ad aver fatto dei grandi Whisky, questa distilleria si distingue anche per la gestione della materia prima e per il rispetto dell’ambiente, ma soprattutto è riuscita a portare un concetto tanto caro ai francesi (quello di terroir) anche all’interno della distillazione. Secondo me è un nome di cui sentiremo molto parlare anche qui da noi.
E l’Italia? Anche qui da noi si comincia a fare Whisky?
In Italia la prima distilleria creata appositamente per la produzione di whisky è Puni, fondata nel 2010 a Glorenza, in Alto Adige, in mezzo alle Alpi. La scuola è fortemente scozzese, infatti la zona è stata scelta per avere un clima simile alle Highlands del nord. Inoltre gli alambicchi sono stati progettati appositamente per la Puoi e realizzati dalla ditta Forsyths nella città di Rothes.
C’è grande attesa anche per la distilleria brianzola Strada Ferrata, i cui prodotti attendono già nelle botti di arrivare al momento di giusto invecchiamento per essere imbottigliati, ma sicuramente la grande novità di questa stagione è “Segretario di Stato” il primo Whisky della distilleria veneta Poli, un Pure Malt distillarlo artigianalmente in piccoli lotti in Athanor, uno speciale alambicco appositamente modificato al fine di preservare ed esaltare le proprietà della materia prima da cui sgorga il distillato bianco che poi dopo una maturazione di 5 anni in botti di rovere e almeno un anno in botti di Amarone diventerà il prodotto finito.
Di Indira Fassioni