Dall'Eurasia al Nord Italia fino al resto della Penisola: lo studio delle Università italiane pubblicato sulla rivista Discover Food
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La pasta è uno degli elementi fondanti della cucina italiana, con i suoi piatti tipici che contraddistinguono ogni Regione. Aspetti talmente caratteristici e iconici da suscitare grande interesse e curiosità sulle loro origini ed essere studiati attraverso un metodo scientifico tipico della biologia.
È con queste premesse che è stato sviluppato il primo albero genealogico dei vari tipi di pasta ripiena italiana. Uno studio guidato dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova con la partecipazione dell’Università di Bari, l’Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cuneo) e l’Università Federico II di Napoli, pubblicato sulla rivista “Discover Food”, che indaga sulle origini e l’evoluzione di questo emblema di italianità.
L’analisi prende in considerazione 28 formati tipici da tutto il territorio nazionale, dai culurgiones sardi, passando per tortellini bolognesi e cappelletti romagnoli, fino ad arrivare in Friuli con i cjarsons. Del resto la pasta è uno degli elementi centrali della nostra cultura, talmente importante per gli italiani da discutere la paternità di alcuni formati. “Ogni città e ogni paese brandisce con orgoglio la propria varietà unica di questo piatto sacro, la cui ricetta è spesso tramandata di generazione in generazione tra le famiglie del posto”, spiega Vazrick Nazari, primo autore dello studio del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova.
I ricercatori, guidati da Nazari, hanno analizzato le caratteristiche specifiche di ogni formato di pasta ripiena, dagli ingredienti, alla grandezza e alla piegatura, riuscendo così a elaborare un albero genealogico che ne ricostruisce l’evoluzione e la diffusione, evidenziando anche similitudini e parentele.
Antonella Pasqualone, coautrice dell’articolo e professoressa all’Università di Bari spiega che "le differenze osservate sono legate alle specificità climatiche e agro-alimentari delle diverse regioni italiane, oltre che alla forma della pasta. Ogni tipo di pasta ha una geometria a sé stante, con diverso volume, rugosità e alternanza di vuoti e pieni. La forma influenza il comportamento in cottura, la ritenzione del condimento e la consistenza, ma ha anche una chiara funzione comunicativa legata all’identità culturale".
Ciò che è emerso dallo studio è una macro divisione in due famiglie: quella dei tortellini, con forma più tridimensionale, e quella dei ravioli che risultano invece più piatti. Entrambi i gruppi deriverebbero da tipi di pasta ripiena che si è originata in Eurasia e diffusa prima in Nord Italia e poi nel resto della penisola creando intrecci di parentele. L’unico formato che non sembra avere elementi in comune con gli altri sono i culugrgiones sardi, aspetto che suggerisce che questa pasta si sia originata in modo indipendente. “I culurgiones sardi evidenziando le peculiarità di quest’isola, che rappresenta una tra le regioni con maggiore diversità ambientale e culturale nell’area Mediterranea", sottolinea Valentina Todisco, coautrice dello studio e ricercatrice dell’Università di Strasburgo.
La stretta connessione tra uomo, ambiente e cultura è evidente in questo lavoro che applica al cibo un metodo di studio solitamente usato per indagare l’evoluzione dell’uomo con l’obiettivo di ampliare le conoscenze sulla diversità bioculturale del nostro Paese. "La dimensione culturale e quella biologica sono infatti intrinsecamente connesse, soprattutto in un Paese ricco di storia e di natura come l’Italia. Conoscere e tutelare le varie manifestazioni culturali che formano il bagaglio bioculturale di un luogo è essenziale per preservare anche la biodiversità locale", commenta Sofia Belardinelli, coautrice dello studio del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova.