© UFFICIO STAMPA
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Nel cuore del capoluogo toscano, il Luca’s è un ristorante fine dining e propone nei suoi menù piatti della classica cucina italiana rivisitata
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In una città come Firenze, dove la clientela dei ristoranti fine dining è in buona parte composta da stranieri in viaggio, è abbastanza logico che la proposta dei grandi ristoranti parta dalla comfort zone di una cucina che comincia dalla tradizione toscana (o italiana in generale) per poi evolvere in toni più contemporanei. Ma negli ultimi anni questo trend pare aver subito un cambio di direzione, con il rientro in città di chef importanti con lunghe esperienze all’estero (come Paolo Lavezzini dal Brasile al Palagio) o con chef “adottati” come il tandem Karime Lopez e Takahiko Taka presso Gucci Osteria, che hanno portato in città una ventata di sperimentazione e internazionalità, inevitabilmente seguita dalla stella.
Proprio in questo filone che si colloca l’arrivo nel capoluogo dello chef italo-argentino chef Paolo Airaudo, grande nome internazionale che dopo essersi fatto conoscere da Ginevra a Hong Kong ha ottenuto la consacrazione con le due stelle Michelin del suo ristorante Amelia a San Sebastian. Da lì ha seguito vari progetti, e ora approda a Firenze proponendo la classica cucina italiana, ma rivisitata con un tocco innovativo e internazionale, dove protagonisti sono gli ingredienti freschi e di stagione.
La “casa” del suo ristorante è il nuovissimo hotel La Gemma, albergo – che offre 23 camere e 16 suite – che sorge in Via Calimala nell’ottocentesco Palazzo Paoletti, progettato dall’architetto italiano Tito Bellini e già Residenza dell'Arte degli Albergatori. Oggi la proprietà̀ - la famiglia Cecchi - scrive un nuovo capitolo della storia di questo palazzo, trasformandolo in un rifugio esclusivo, dotato dei comfort più moderni. Non pare dunque un caso che il nome scelto per il gourmet sia Luca’s, una dedica al padre dei nuovi proprietari.
Per questo primo menù si è scelto di proporre due percorsi degustazione, intitolati rispettivamente “La Gemma” e il più complesso “Smeraldo” da 10 portate, suddivise equilibratamente in tre antipasti, tre primi, due secondi e due dessert.
Molto interessante il modo di giocare sulla croccantezza delle verdure negli antipasti, ad esempio Tre nel Sashimi di ricciola accompagnato da rapa, acqua di pomodoro e ume kosho, oppure nello spingere su sapori decisi come nel Gambero rosso con barbabietola, panna acida e aneto.
Tra i primi piatti spicca senza dubbio il Risotto di zucca con astice blu, nasturzio e ‘nduja, dove la cottura perfettamente italiana contrasta con la piccantezza che difficilmente uno chef nostrano spingerebbe con tanta prepotenza su un piatto tradizionale. Il risultato è divertente e stimolante, completato egregiamente dalla carnosità del crostaceo.
Si torna di nuovo a lavorare il pesce egregiamente (qui le origini dello chef emergono) nei secondi, con il trancio di Coda di rospo accompagnata asparagi bianchi, uova di trota e bagna cauda, per poi chiudere la parte salata con quella che oramai è la firma immancabile di ogni ristorante gourmet, ovvero il Piccione presentato col suo fondo e affiancato dal fungo Maitake.
Che sia prima di cena per un aperitivo o per un after dinner, da provare anche il bar, dove ad accogliere c’è Folco Bertini che sta tenendo al varo la prima cocktail list dedicata al bar: senza fare troppi spoiler, possiamo dirvi soltanto che sarà ispirata ai vari momenti passati nell’Hotel (ogni drink avrà il nome di un orario) e vedrà molti twist sui classici, dal Milano Torino al Bloody Mary.
Di Indira Fassioni